Leggere le news del Wsj.com senza spendere un centesimo? Facilissimo: basta sfruttare l’accordo stipulato tra NewsCorp. e Google che consentirebbe di visualizzare fino al 30% dei contenuti premium pubblicati sul noto quotidiano finanziario.
Come fare? Altrettanto semplice: basta digitare il nome del sito nella barra di ricerca del proprio browser (www.wsj.com), cliccare su una qualunque delle notizie a pagamento (si riconoscono per via di una piccola chiave grigia), copia-incollare l’indirizzo di quella pagina web (il cui contenuto è effettivamente sommario) nel motore di ricerca di Google e il gioco è fatto: tra i risultati apparirà proprio il contenuto che stavate cercando, per intero, in forma gratuita e nella pagina originale del Wsj.com. Da ciò è evidente che la NewsCorp. di Murdoch – come veniva spiegato in un contributo del 3 dicembre de IlSole24.com – avrebbe attivato il servizio “First Click Free”, secondo cui si possono “rendere indicizzabili e consultabili sulla piattaforma di Google le proprie notizie a pagamento, offrendole in parte gratuitamente come strumento di promozione”. Il quotidiano italiano avrebbe poi fatto delle prove, utilizzando il procedimento sopra descritto, che chi vi scrive ha replicato questa mattina, allo scopo di capire se, nel frattempo, qualcosa nel rapporto Wsj-Google fosse cambiato. Risultato: quel 30% di notizie è ancora disponibile in forma gratuita. E ciò nonostante Murdoch, scagliatosi contro Google con la sua proverbiale cattiveria verbale, avesse dichiarato non solo di sparire da Google News (reo di ridurre gli introiti pubblicitari del Wsj.com, sfruttando indebitamente i contenuti esclusivi), ma di ridurre ad un massimo di cinque le notizie fruibili gratuitamente, ogni giorno, con il sistema del copia-incolla di link sul motore di ricerca di Mountain View. Ad oggi nulla, quindi, è cambiato. Un modo come un altro per spiegare che un accordo non è ancora stato trovato e che la soluzione potrebbe non essere tra quella miriade di possibilità finora suggerite dalla stampa internazionale. Anche perché se il problema fosse solo Google, come si andrebbe a spiegare la decadenza, ormai evidente, di un folto gruppo di quotidiani, effettivamente incapaci di adattarsi alle nuove tecnologie e, soprattutto, al nuovo “lettore multimediale” (inteso come l’individuo che effettivamente legge il quotidiano attraverso una molteplicità di supporti elettronici). Torniamo quindi a dire che il problema potrebbe non essere Google e nemmeno i numerosi aggregatori di notizie presenti in rete. Lo snodo potrebbe essere più semplicemente una maggiore concentrazione sul lettore, nell’intento di gestire una canalizzazione di notizie per interesse. Solo in questo modo l’utente potrà sottoscrivere abbonamenti attraverso i diversi device di cui è proprietario (smartphone, iPhone, e-reader, ecc.), sicuro di essere raggiunto esclusivamente da contenuti di suo effettivo interesse. Contenuti ai quali sarebbe poi obbligatorio affiancare pubblicità targettizzata, come succede nella migliore tradizione dei social network che, quanto ad “ad”, sembrano imbattibili. (Marco Menoncello per NL)