C’è almeno un posto nella rete dove sono convogliate tutte quelle notizie scomode e potenzialmente pericolose che non potrebbero (o non dovrebbero) mai apparire sulla prima pagina di un quotidiano.
E dove l’utenza partecipa in maniera effettivamente così massiccia, da pensare che ciò che vi sia contenuto possa contenere del vero. Che le informazioni pubblicate siano frutto di indiscrezioni o provengano da fughe di notizie apparentemente riservate non è dato saperlo. Come, del resto, non è possibile individuare le fonti o riconoscere giornalisti e simpatizzanti che si adoperano per pubblicare gli articoli. Ma, nonostante tutto, l’integrità e la forza del sito sono state conservate negli anni e permettono ogni giorno l’accesso di migliaia e migliaia di utenti, molti dei quali sono disposti a fare donazioni perché l’attività del portale possa proseguire senza troppi intoppi. Ma la struttura di www.Wikileaks.org è stata ideata proprio per evitare che qualunque intoppo possa rovinare la sua stessa attività: i documenti redatti dai vari sostenitori vengono criptati ed inviati ad un server svedese per via della legge locale sulla libertà di stampa, che non obbliga i giornalisti a rivelare le proprie fonti. Dopodiché una copia di ogni documento viene inoltrata in Belgio, dove le leggi in materia di protezione delle fonti è applicabile anche alle decine di tecnici che manipolano il documento per metterlo online o archiviarlo. Poi, la definitiva pubblicazione avviene in un terzo paese, il cui nome non è mai stato rivelato dallo staff di www.Wikileaks.org. Insomma, si tratta di una sorta di rete mondiale architettata ad hoc per proteggere le proprie informazioni, le proprie fonti e soprattutto colo che elaborano e scrivono gli articoli. E il sistema finora sembra aver funzionato perfettamente; tanto bene che, a fine 2009, proprio a seguito dell’enorme successo riscontrato in internet, i costi di Wikileaks sono aumentati a dismisura, suggerendo a tutti i sostenitori di aiutare concretamente il portale per proseguire la proprio battaglia contro l’informazione “parziale” che caratterizzerebbe quotidiani e telegiornali. Il risultato è stato ottimale: nel maggio 2010 sono stati raccolti oltre 700 mila dollari (circa 578 mila euro). Una boccata d’ossigeno per Wikileaks; ma per quanto tempo ancora potrà proseguire in questo modo? (M.M. per NL)