Torna l’annosa questione sui siti “pirata”: inserire un link un’opera coperta da copyright caricata illegalmente altrove da terzi costituisce una violazione del diritto d’autore?
Tempo fa, la corte di Giustizia Europea assumeva un atteggiamento intermedio affidando ai giudici nazionali il compito di valutare caso per caso l’animus di chi condivide i link incriminati, ma lo scorso febbraio il Tribunale di Frosinone ha espresso un’opinione molto netta: condividere link a riproduzioni non autorizzate di opere soggette a copyright non costituisce reato se non sussiste il fine di lucro. La Corte di primo grado si è pronunciata sulla vicenda che ha coinvolto il proprietario del sito filmakerz.org, verso cui il Prefetto aveva emanato un’ordinanza-ingiunzione che comminava una sanzione amministrativa di 546.528,69 euro per la violazione dell’art 171 ter c2 lett a) bis della legge sul diritto d’autore (l. 633/1941). L’autorità aveva ritenuto che la gestione del sito, con l’aggregazione di link a siti terzi che rendevano direttamente disponibile la visione in streaming e il download di film in modo illegale, integrasse la fattispecie di cui alla norma suddetta: “È punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 2.582 a euro 15.493 chiunque: […] a fini di lucro, comunica al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, o parte di essa”. Il Tribunale di Frosinone, però, ha annullato l’ordinanza-ingiunzione perché in fase istruttoria non è stato possibile acquisire le prove necessarie ad accertarsi della presenza di un elemento costitutivo della fattispecie di reato: il fine di lucro. Nelle motivazioni della sentenza si legge che il fine di lucro è “requisito essenziale della punibilità” della fattispecie in questione e che dovendo per esso “intendersi un fine di guadagno economicamente apprezzabile o di incremento patrimoniale da parte dell’autore del fatto, ne consegue che, al fine della commissione dell’illecito in esame, deve essere raccolta la prova dello specifico intento del file sharer di trarre dalla comunicazione al pubblico, per il tramite della messa in rete di opere protette, un guadagno economicamente apprezzabile e non un mero guadagno di spesa”. Proprio questa la prova mancante, secondo il giudice: non è stato dimostrato che i guadagni del gestore del sito derivassero direttamente dai film e dalle serie tv i cui link erano a disposizione sul sito. Questa connessione deve essere diretta ed ulteriore rispetto alla semplice esistenza di ricavi economici, che in assenza del suddetto collegamento si qualifica come semplice risparmio di spesa e non va a integrare l’elemento di punibilità. Da molti la sentenza è stata accolta come rivoluzionaria: il provvedimento stabilisce infatti che la condivisione di link a siti di streaming illegale non è per se stessa reato, ma lo diventa solamente se è svolta a fini di lucro. La Corte, quindi, boccia quella prassi consolidata di oscurare siti simili a filmakerz.org e sanzionare i loro gestori solo per effetto della denuncia alle autorità. L’esultanza con cui è stata accolta la pronuncia è sintomo di una insofferenza diffusa conseguente ad un atteggiamento interprerativo forse troppo libero verso il testo della legge che le corti hanno tenuto sin ora. È indubbio, però, che ci si trova in una zona grigia: da un lato, il Tribunale ha agito correttamente nel sollevare il ricorrente da una punizione ingiusta perché comminata per una condotta non sanzionabile, dall’altro lato il copyright di molte opere continua ad essere violato anche per l’effetto – sebbene indiretto – della condivisione dei link di streaming in violazione sulla legge del diritto d’autore. (V.D. per NL)