Nuovo Business porta nuove royalties e nessuno ci vuole perdere. L’Italia ne tragga spunto di riflessione E’ innegabile che il fenomeno delle Web Radio, vuoi per la sua versatilità di utilizzo e realizzazione, vuoi per la facilità di caricamento dei contenuti, abbia ormai preso piede tanto da diventare un vero e proprio business. La veicolazione digitalizzata di contenuti, tanto quanto quella “materiale”, è sottoposta al pagamento di royalties a seconda del tempo, del luogo e delle modalità di fruizione dei contenuti stessi. Ovviamente (rectius purtroppo), quando tale fruizione porta benefici economici non indifferenti, per gli autori, per i produttori e per i distributori, il quantum dovuto aumenta per sua natura. Sono le regole del mercato. La Copyright Royalty Board americana ha, infatti, deciso di aumentare in modo progressivo il fee, il compenso, dovuto per la diffusione dei contenuti. Come spesso accade in questi casi, la difficoltà sta nel trovare il giusto equilibrio tra ciò che giustamente è dovuto e ciò che, innegabilmente, deve essere ridistribuito. iTunes di Apple, un esempio su tutti, ha visto progressivamente diminuire accessi e vendite, eliminando una grossa parte dei ricavi per le etichette. A ben guardare il problema di fondo non è solo dettato da una eccessiva quantificazione delle royalties. La causa va ricercata anche nel modello di business che prevede il pagamento dei diritti per ogni singolo brano trasmesso, contrariamente al sistema di chi trasmette via satellite cui è chiesto il pagamento di massimo il 6% dei ricavi, indipendentemente dalla quantità di contenuti fruiti. A questo si aggiunga, un sistema pubblicitario stile pop-up che non attira molto l’utente, il quale tende quasi sempre a “bypassare” lo spot, riducendone l’icona, e limitando l’accesso alle relative pagine di advertising, con ciò diminuendo gli introiti derivanti da questa forma di sostentamento, fondamentale per le radio in generale. Questa la situazione americana. In Italia, dove le Web Radio stanno crescendo in modo interessante dovremmo essere capaci di trovare modelli di business flessibili in grado di assicurare una distribuzione degli introiti più omogenea. La crisi economica di questo periodo è la dimostrazione pratica che il muscolo dell’economia è ipertrofico al momento e, da che mondo è mondo, la riabilitazione deve essere lenta e progressiva, altrimenti si rischia lo strappo definitivo. (M.P. per NL)