Web & Privacy. Dati in cambio di soldi: finisce nel mirino del Garante della privacy l’app Weople. Scoperta dell’acqua calda, perché tutti i giorni, sotto la luce del sole, avviene un costante commercio di dati sensibili

Weople

Con una lettera a firma del Presidente Antonello Soro, l’Autorità Garante per la privacy ha posto all’attenzione del Comitato europeo per la protezione dei dati personali (Edpb) la questione relativa a Weople, l’app che promette ai propri iscritti una remunerazione in cambio della cessione dei loro dati personali.
Dopo il caso Tik Tok di cui ci siamo occupati ieri, arriva alla ribalta quello di Weople, un app che, partire dai primi mesi del 2019, ha prodotto “diverse le segnalazioni giunte all’Autorità da parte di imprese della grande distribuzione che lamentavano di aver ricevuto da parte di Weople numerosissime richieste di trasferire alla piattaforma dati personali e di consumo registrati nelle carte di fedeltà”, si legge in una nota del Garante.

L’impresa italiana, che gestisce la app e offre servizi di vario genere (offerte commerciali, analisti statistiche e di mercato), si propone infatti come intermediaria nel rapporto tra aziende e utenti chiedendo, su delega di questi ultimi, di ottenere le informazioni personali custodite presso grandi imprese allo scopo di riunirle all’interno della propria banca dati.
L’attenzione del Garante si è concentrata, in particolare, sulla corretta applicazione, da parte della società, del cosiddetto diritto alla “portabilità dei dati” introdotto dal nuovo Regolamento europeo, con l’ulteriore complicazione determinata dall’esercitare tale diritto mediante una delega e con il conseguente rischio di possibili duplicazioni delle banche dati oggetto di portabilità.
L’altro aspetto segnalato dal Garante nella lettera riguarda il delicato tema della “commerciabilità” dei dati, causata dall’attribuzione di un vero e proprio controvalore al dato personale.

Su entrambe le questioni, il Garante ha dunque chiesto al Comitato, che riunisce tutte le Autorità Garanti dell’Unione, di pronunciarsi.
L’attività di Weople, scrive il Garante, “può produrre effetti in più di uno Stato dell’Unione” in ragione delle richieste di portabilità che potranno essere avanzate e delle questioni relative alla “valorizzazione economica dei dati personali ed alla natura ‘pro-concorrenziale’ del diritto alla portabilità”.
Per questi motivi, pur essendo emerso in Italia, il caso della app impone, ad avviso del Garante, una riflessione generale che è più opportuno condividere con le altre Autorità di protezione dati.
Il Garante attenderà dunque il parere dell’Edpb per concludere l’istruttoria avviata sulla app.

Nel frattempo, i soggetti privati che riceveranno le richieste di portabilità dei dati da parte di Weople dovranno operare nel rispetto del principio di accountability stabilito dal Regolamento Ue e valutare se ottemperare alle richieste o motivare un eventuale rifiuto.
Pur lodevole e dovuta, l’iniziativa del Garante della Privacy appare però la scoperta dell’acqua calda, considerato che tutti i giorni più o meno consapevolmente ciascuno di noi cede (di norma contro prestazioni) le proprie informazioni personali autorizzandone lo sfruttamento commerciale anche a favore dei terzi. Anzi, a volerla dire tutta, ormai pare chiaro che i dati personali costituiranno in futuro la principale moneta per acquistare servizi sul web, solo astrattamente gratuiti. E, pensiamoci: quanti di noi sono veramente disposti a pagare un servizio “gratuito” per non concedere il proprio screening? Figurarsi allora cedere i dati dietro compenso in denaro…. (E.L. per NL)

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