Trasparenza, accessibilità, diritto all’informazione inteso sia come diritto ad informarsi che come diritto a essere informati: sono mantra che da ormai quasi un ventennio scandiscono le manovre per rendere la pubblica amministrazione più aperta verso i suoi diretti destinatari.
L’intento è propriamente quello di riuscire a cambiare radicalmente il rapporto tra Stato e cittadino. Sino a poco tempo fa quest’ultimo poteva sentirsi prigioniero di un labirinto di leggi, decreti, regolamenti che rendevano l’informazione e “l’informarsi” difficile, quasi ingestibile, dal punto di vista della comunicazione stessa soprattutto. Ciò su cui si è basata la ricerca al miglioramento di questo macchinoso processo, ha portato ora ad uno sguardo più diretto e disintermediato al rapporto verso i cittadini. E, soprattutto, a quali possibilità inedite offrono al giorno d’oggi i social, gli ambienti digitali e, più in generale, la cultura della condivisione. La mission essenziale è quella di creare e rafforzare un rapporto con il popolo italiano e permettergli di esercitare ciò che viene battezzato con il termine “cittadinanza attiva”. La tanto discussa trasparenza, in altre parole, non può limitarsi ad essere semplicemente un insieme di dati messi a disposizione dell’utente. Spesso, in realtà, si tratta di informazioni grezze per cui il cittadino non ha abbastanza e validi strumenti interpretativi. Il principio che deve guidare la pubblica amministrazione nella transizione al digitale, insomma, deve in assoluto generare valore per il cittadino. Largo quindi, alla p.a. sui social network. Anziché stare ad aspettare le istanze di accesso, gli enti pubblici dovranno postare e twittare riuscendo a creare una vera e propria connessione digitale con i suoi fruitori ultimi. Così come scandisce la circolare del 2/2017 del ministro della funzione pubblica sull’accesso civico generalizzato (art. 5, comma 2, d.lgs 33/2013) che consiglia vivamente la cosiddetta trasparenza proattiva, che consisterà in un controllo repentino della rete da parte degli enti pubblici, di conseguenza la verifica di ciò che viene richiesto ed infine l’imposizione di postarlo sui social. Si tratta di trasparenza estrema, dove insieme a questa istruzione ne vengono espresse molte altre in modo tale da traslare il pensiero di semplice cittadino a membro di una comunità (digitale e non), scoprendo il valore del confronto anche nel web. Alcuni snodi sono stati esplicati in modo tale da rendere la reperibilità dei dati, oltre che il più funzionale possibile da parte degli utenti, anche più libera (ma pur sempre mantenendo un ligio controllo della procedura). Si tratta quindi di una chiara delucidazione sulla questione delle informazioni trasmesse ed il modo in cui, da oggi in poi, sarà fatto. Per il pubblico quindi, sarà possibile: porre quesiti, ottenere risposte e formulare dialoghi con le infrastrutture pubbliche, dove non saranno più permessi dinieghi da parte di quest’ultime, che al contrario, dovranno adoperarsi per garantire un facile accesso ai dati o verifiche che, in caso contrario, potrebbero provocare un generico danno all’amministrazione stessa o alla professionalità delle persone coinvolte: la conoscibilità dei documenti non potrà più essere negata. In caso di domande di accesso provenienti da organi di stampa, giornalisti e versante mediatico in genere, le p.a. dovranno verificare con la massima cura la veridicità e l’attualità dei dati e dei documenti rilasciati, proprio per evitare la diffusione di informazioni non affidabili o non aggiornate. Trattandosi come detto di un “dialogo aperto e trasparente” da ambo le parti interessate, le domande presentate alle pubbliche amministrazioni dovranno essere presentate in modo consono, provviste di indirizzo mail registrato indicando nel testo mail il nome del richiedente (senza necessità di sottoscrizione autografata) e con in allegato
una copia del documento d’identità del richiedente. Inoltre le p.a. sono invitate pertanto, a mettere in funzione un help desk (Fonte ItaliaOggi). Novità anche per ciò che concerne le tempistiche, difatti si dovrà concludere l’intero procedimento entro e non oltre, i 30 giorni dalla presentazione della domanda. Tempi pressoché celeri dunque, dove addirittura se non dovesse essere rispettato il termine massimo, l’interessato potrà attivare la procedura di riesame e di proporre ricorso al giudice amministrativo. Non sono più ammesse proroghe di nessun tipo, addirittura eventuali ritardi esporranno il dipendente pubblico a richiami e provvedimenti disciplinari. In questo modo sarà possibile garantire un elevato grado di comunicabilità, dove gli enti pubblici e le amministrazioni sono esortati, fin da subito, ad utilizzare nuovi criteri per costituirne in modo efficiente il garante stesso. (E.M. per NL)