Sono circa 600 milioni i cinesi che ascoltano la musica on line, di cui soltanto 20 milioni a pagamento.
Un dato relativamente basso (circa il 3%) anche in considerazione del fatto che i costi di sottoscrizione non sono elevati. La tariffa mensile d’abbonamento va in media dagli 8 ai 12 yuan, ovvero 1-2 euro, una cifra con la quale si può acquistare una ciotola di riso in un ristorante. In realtà i bassi ricavi non sono imputabili alla pirateria. Esistono molti servizi streaming (legali) che si nutrono solo ed esclusivamente di pubblicità e che non richiedono abbonamenti agli utenti alla stregua dell’opzione free di Spotify. L’equivalente cinese dell’azienda anglo-svedese si chiama Tencent, un colosso forse poco conosciuto in Europa ma in grado di fatturare più di 80 miliardi di euro nell’ultimo anno.
Una delle principali fonti d’entrata è il recente accordo stipulato con tre delle più grandi etichette musicali al mondo, Warner Group Music, Universal Music e Sony, grazie al quale si è aggiudicato il diritto esclusivo di distribuire i loro contenuti musicali in Cina. Il caso è sui generis se lo si confronta con ciò che accade nel Vecchio Continente e negli Stati Uniti. La Tencent Holding è una società a 360 gradi che comprende servizi di ogni genere nel campo delle telecomunicazioni: il programma instant messenger QQ, WeChat e soprattutto WeChat Pay. Con quest’ultimo sistema di transazione finanziaria è possibile pagare, con il proprio smartphone e in maniera semplicissima, anche il servizio music streaming della stessa compagnia. Un portafoglio elettronico collegato al conto corrente dell’utente consente di far aumentare gli acquisti on line in diversi settori di consumo. Dall’altra parte c’è Alipay, la variante lanciata dalla concorrente Alibaba, guarda caso, proprietaria dell’analogo servizio Xiami.
Completa il terzetto delle big three nel campo dello streaming musicale la piattaforma NetEase Cloud Music. Il discorso è sempre lo stesso: i grandi mangiano i piccoli e si impongono. Ma c’è da segnalare come la crescita del consumo dell’audio on demand in Cina sia ormai un dato di fatto che nei prossimi anni porterà nella casse di poche società introiti di molto superiori a quelli registrati in Occidente. Il protezionismo tecnologico applicato da Pechino, fatta eccezione per alcuni episodi di collaborazione con company europee per i progetti di sviluppo del 5G nell’area di Hairou, sta portando grandi risultati sul piano economico. Il governo, supportando le richieste dei privati, sta cercando di arginare la pirateria facendo incrementare i guadagni dai servizi di nuova generazione. Del resto, il bacino di utenza del paese è immenso e di gran lunga superiore a quelli di Stati Uniti, Giappone, Europa ed Australia messi assieme. (M.R. per NL)