Inversione di marcia: dopo anni dominati dalla pirateria musicale, la musica torna a crescere e a vendere (abbastanza) bene, grazie agli abbonamenti web, guidati dai social e dalle app.
Secondo un’indagine di Deloitte, commissionata dalla Fimi (Federazione industria musicale italiana), il consumo di musica in streaming in Italia (parliamo dell’ascolto online illimitato per meno di 10 euro al mese) ha subito un rilevante incremento del 52% nel 2015. E gli abbonamenti a pagamento sfrecciano aumentando del 73%. Nel mondo, gli abbonamenti ai servizi musicali hanno generato ricavi per un totale di 1,6 mld di dollari, secondo le stime riportate dal Digital Musical Report 2015. E la lotta per conquistare abbonati si fa sempre più accesa tra i due contendenti primari: da una parte Spotify, la società svedese costituita da Daniel Ek e Martin Lorentzon che per prima ha lanciato l’idea vincente della musica in streaming e tuttora ne detiene il primato (si parla di 75 mln di ascoltatori nel mondo per la musica gratuita e oltre 20 mln di abbonati paganti fino a giugno scorso). Secondo i dati raccolti dal Financial Times pubblicati a metà febbraio, Spotify avrebbe chiuso il 2015 con 28 mln di abbonati alla modalità Premium e dovrebbe arrivare a circa 30 mln nel primo trimestre di quest’anno. Dall’altra parte troviamo proprio Apple Music, il servizio musicale a pagamento lanciato dalla Mela a luglio 2015 in 100 paesi, che include anche l’opzione Itunes Radio: in febbraio ha raggiunto e superato gli 11 mln di abbonati, secondo quanto ha riportato Eddie Cue, senior vicepresident di Apple. Sorprende pensare che quest’obiettivo sia stato tranquillamente raggiunto dopo appena otto mesi, mentre Spotify ha impiegato dieci anni per ottenere 20 mln di abbonamenti a pagamento: con la spinta dell’app per Android, lanciata in novembre, e la diffusione sull’Apple-tv, lo streaming della Mela, a detta di alcuni esperti, potrebbe raggiungere la rivale Spotify già a fine 2017. Enzo Mazza, presidente della Fimi, ha recentemente dichiarato: “Sono in realtà due filosofie diverse. Spotify ha fatto ricorso al modello free, gratuito, sul quale compete anche con Youtube. Mentre Apple ha puntato subito al modello Premium e ha il vantaggio di un sistema già affermato con una propria massa di clienti. Non c’è dubbio che i ricavi da abbonamenti sono superiori a quelli del modello free sostenuto dalla pubblicità”. Secondo il presidente Fimi sarebbero tre i fattori che spingerebbero la crescita degli abbonamenti: “le dimensioni enormi dei cataloghi, che includono anche brani mai usciti in Cd, la facilità di accesso grazie all’integrazione con il mobile, che rende la musica ascoltabile ovunque, e la possibilità di condividere legalmente brani o playlist”. Il campo di battaglia ora si sposta proprio sul terreno dell’innovazione tecnologica e della condivisione nei social. Spotify ha acquistato a inizio anno ben due startup: l’irlandese Soundwave e la newyorkese Cord Project. La prima ha ideato una social app (scaricata da 1,5 mld di utenti) che consente di scoprire le persone che condividono gli stessi gusti musicali. La seconda, invece, si concentra principalmente sui prodotti audio per i dispositivi indossabili o gli oggetti connessi e consente l’invio di messaggi vocali che includono canzoni. Veronica Diquattro, responsabile italiana di Spotify, ha commentato così gli ultimi sviluppi del prodotto streaming: “Lavoriamo molto sulla personalizzazione delle playlist e sulla ricerca del team editoriale per offrire contenuti nuovi ed interessanti. Un punto fondamentale per noi non è solo il catalogo da 30 mln di brani, ma è soprattutto aiutare gli utenti a scoprire nuova musica”. Da pochi giorni Spotify ha lanciato anche “Fresh Finds”, una playlist interamente dedicata alla scoperta di nuovi artisti che avranno successo a breve, combinando i dati che emergono da blog e siti musicali. E in febbraio ha raggiunto un’intesa con Google circa il passaggio dell’intera infrastruttura nel Google Cloud: “Siamo cresciuti molto negli ultimi anni e la tecnologia di Google ci aiuterà ad avere performance migliori nell’archiviazione e nello streaming” precisa Diquattro. (S.F. per NL)