Cresce la diffusione dei video online e, con essa, l’interesse nel settore da parte delle aziende multimediali, ma le prospettive sulla monetizzazione delle visualizzazioni sono incerte.
Continua l’affermazione dei video fra i contenuti più visualizzati online. Secondo le stime pubblicate a luglio dalla compagnia di marketing ZenithOptimedia, il consumo giornaliero di filmati in rete dovrebbe registrare una crescita del 23,3% a fine anno e continuare con un +19,8% nel 2016. Questo aumento è da imputare soprattutto al segmento mobile che già nel 2012 collezionava il 22,9% delle visualizzazioni di video totali, crescendo poi del 40,1% nei due anni successivi producendo, nei soli USA, un fatturato di 7,5 miliardi di dollari. Pochi numeri che spiegano perfettamente il perché del crescente interesse in questo ambito da parte delle major del web. Da quando nel 2005 Youtube vi investì per prima le proprie risorse (con così tanto successo da destare l’interesse di Google che la acquisì l’anno successivo) sono sempre di più gli operatori della rete che cercano di accaparrarsi una fetta del mercato. Facebook li ha introdotti lo scorso anno e, da allora, ha raggiunto un totale approssimativo di 8 miliardi di visualizzazioni video giornaliere via desktop e mobile. Altro fenomeno interessante è quello di Snapchat: nel 2013, il suo creatore Evan Spiegel, rifiutava un’offerta di 3 miliardi da parte proprio del social network di Mark Zuckerberg per la proprietà dell’applicazione e oggi, a distanza di due anni, produce 6 miliardi di visualizzazioni al giorno, quasi la stessa quota di chi voleva acquisirlo e con soli 100 milioni di utenti (contro il miliardo e mezzo del colosso californiano). Rimangono invece sempre nell’ombra i numeri di Youtube per via delle politiche di Google: il gruppo di Mountain View, infatti, non diffonde dati precisi riguardanti i propri rami aziendali, ma si stima che ottenga circa 34 miliardi di ore spese a guardare i suoi video, contro i 14,3 di Facebook. Se da un lato è assodato che i filmati sono sempre più influenti in rete, dall’altro c’è una questione ancora aperta alla quale i diversi attori coinvolti hanno finora risposto in modi diversi: la monetizzazione di tutti questi accessi. Ad oggi, la maggior parte delle entrate provenienti da chi si impegna in questo ambito arrivano dalla pubblicità. L’advertising è la principale entrata per Youtube e la stessa Facebook, stando al Wall Street Journal, avrebbe espresso l’interesse di inserire degli spot nei video pubblicati sul social network. Da questo punto di vista, la sopracitata Snapchat potrebbe avere delle difficoltà legate al fatto che l’app è impiegata dagli utenti per caricare principalmente video di pochi secondi, ai quali riesce difficile immaginare di collegare anche dei mini spot. D’altra parte, tuttavia, gli adblocker (applicazioni per i web browser in grado di bloccare la visualizzazione delle pubblicità mentre si naviga in internet) rappresentano ancora un problema significativo per chi guadagna sull’advertising online e che non esiste sulle app, che divengono il probabile terreno futuro per gli spot sia video che display pubblicati online. Un secondo sistema di monetizzazione dei filmati è quello degli abbonamenti. Negli ultimi mesi le iscrizioni a questo tipo di servizi è aumentata ad un ritmo serrato proprio grazie alla nascita di diverse offerte da Netflix a Hulu e interessando un numero sempre maggiore di concorrenti. Fa notizia, in quest’ottica, la scelta fatta proprio dal portale di video di Google di lanciare Youtube Red, un servizio di abbonamento che consente di visualizzare tutte le clip presenti sul portale originale senza pubblicità e con la possibilità di download oltre alla promessa della creazione di contenuti in esclusiva per gli abbonati e prodotti dai canali più popolari i quali riceveranno una retribuzione pari a parte delle quote di abbonamento Questo tipo di servizi esclude quasi sempre la pubblicità (la cui assenza a volte rappresenta uno dei punti cardine dell’offerta, come nel citato caso di Youtube) dunque, se questo modello dovesse prevalere, il web marketing potrebbe soffrire perdite significative proprio su un segmento la cui influenza è in crescita. Insomma se da un lato sembra chiaro che i video saranno sempre di più la tipologia di contenuti maggiormente diffusa in rete, dall’altro rimane ancora nel dubbio dove si nasconda la maggior possibilità di guadagno nel futuro per il settore. (E.V. per NL)