La pubblicità digitale, come noto, costituisce una risorsa fondamentale per molte pagine web. Accade però, a volte, che gli annunci pubblicitari diventino invasivi e vadano ad incidere negativamente sull’esperienza dell’utente.
Sempre più spesso, infatti, durante la visita di un sito, il consumatore entra in contatto con formati pubblicitari – come pop-up, video in auto play, banner o altro – che risultano essere fastidiosi e che ostacolano la libera fruizione della pagina. A quel punto, allora, l’utente ha diverse possibilità di fronte a sé: può decidere di tollerare tutta la pubblicità invadente e continuare quindi la visita delle pagine a cui è interessato; al contrario, può decidere di non visitare più quel sito; oppure può utilizzare un ad-blocker che si occuperà di eliminare tutte le inserzioni.
In ogni caso, il sito non ne uscirebbe indenne, anche solo considerando la cattiva opinione che l’utente potrebbe avere di quelle pagine.
Serve allora qualcosa che riesca a soddisfare sia il visitatore, facendo in modo che questo non venga letteralmente sommerso da pubblicità invasive quando naviga nel web; sia che appaghi (in tutti i sensi) aziende, agenzie ed editori, affinché la loro offerta contemperi le esigenze pubblicitarie con un’esperienza di fruizione che venga considerata positiva.
In questo contesto, Google – insieme a Facebook, Iab, Microsoft, Procter & Gamble, Unilever e molti altri – ha aderito alla Coalition for Better Ads, un consorzio internazionale che si occupa di contemperare la pubblicità on line con la navigazione.
Tra le altre cose, la CBA ha individuato i formati pubblicitari più invadenti, sia su desktop che su mobile (come quelli presenti nell’immagine strutturata dalla CBA stessa, immagine che qui sotto si riporta); inoltre, ha elaborato degli standard comuni.Proprio su questi standard comuni si basa la novità dell’azienda di Mountain View.
Google ha, infatti, annunciato che dal 15/02/2018 introdurrà un ad-blocker proprietario su Chrome.
I siti internet visitati per il tramite del noto browser di ricerca e anche le pagine di Google e del suo network verranno analizzati. Nel caso in cui le pubblicità mostrate risultino invasive e fastidiose – secondo gli standard della CBA – ci sarà prima un avvertimento e, se questo comportamento perdura per più di 30 giorni, Google provvederà a bloccare tutte le inserzioni. A seguito di ciò, i siti – una volta che avranno rimosso la pubblicità considerata intollerabile – potranno richiedere una revisione per riattivare il loro servizio.
Si tratta di un’iniziativa volta a tutelare i siti e Google stesso dagli ad-blocker che eliminano indiscriminatamente ogni tipo di inserzione pubblicitaria, valorizzando altresì quelle pagine che curano anche questo aspetto, affinché l’esperienza dell’utente possa essere gradevole anche dal punto di vista dell’advertising. (G.C. per NL)