FB accusa il colpo: molti inserzionisti starebbero valutando l’interruzione degli investimenti pubblicitari sul social dopo lo scandalo Cambridge Analytica.
In seguito alle dichiarazioni dei grandi inserzionisti britannici dell’Isba (International Society for Bayesian Analysis, che raggruppa ben 3000 agenzie) durante la riunione avvenuta il 22 marzo in Gran Bretagna, è aumentata la diffidenza verso l’Over the top di Zuckerberg, tanto che si prevede nei prossimi due anni un sensibile calo del mercato pubblicitario: solo il 41% degli americani infatti sarebbe disposto a dare ancora fiducia alla rete sociale più grande del mondo, circostanza di cui i grandi clienti non possono non tenere conto.
Il giorno dopo l’annuncio dello scandalo datagate, molti big spender del social network avrebbero manifestato la propria disponibilità a cambiare la destinazione ai propri investimenti pubblicitari su FB, attraverso una dichiarazione congiunta: “In mancanza di garanzie certe siamo disposti ad abbandonare Facebook per altre piattaforme più solide in tema di privacy e tutela dei dati personali”.
A minacciare l’abbandono o forme di ostruzionismo vero Facebook sarebbero stati diversi player di peso, come spiega il Wall Street Journal, che ha fatto i nomi di Commerzbank e Mozilla (che per il suo browser Firefox ha introdotto una funzione per tenere separata l’attività di Facebook dal resto della navigazione online, limitando l’estrapolazione di dati da parte del social network).
Secondo una previsione di eMarketer del mese di marzo 2018, Facebook quest’anno potrebbe perdere l’1,5% del mercato pubblicitario americano (ben più grave – 3,5% – sarebbe poi l’impatto nel corso del 2019). Lato finanziario, se l’anno scorso il mercato pubblicitario di FB negli Stati Uniti era del 19,9%, in questo esercizio i ricavi potrebbero calare fino al 19,6% (al 19,2% nel 2019).
Ad avvantaggiarsi dell’abbandono di Facebook da parte degli inserzionisti non sarebbe però Google, che negli Stati Uniti starebbe pure perdendo quote di mercato rilevanti: il terzo (per ora non litigante) vincitore sarebbe piuttosto Amazon, politiche restrittive di Trump a parte (che potrebbero a breve trovare analoghe tendenze anche in altri Paesi).Va però detto che le proiezioni del mercato advertising in esame sono state calcolate prima dello scandalo di Cambridge Analytica e che quindi dovranno essere rivalutate a seguito degli sviluppi di una faccenda tutt’altro che chiusa e dai risvolti pesantemente critici per la piattaforma di Facebook.
Per avere un’idea dell’impatto sociale, si pensi che in un sondaggio effettuato nei giorni scorsi da Reuters e Ipsos, solo il 41% degli americani si fiderebbe ancora di Facebook riguardo al rispetto alla tutela della privacy, contro il 66% di Amazon, il 62% di Google, il 60% di Microsoft e il 47% di Yahoo!.
L’indagine, peraltro, riporta che il 47% degli americani auspicherebbe addirittura un inasprimento della normativa per la tutela dei dati personali, a fronte di un 17% che invece vorrebbe un alleggerimento delle stesse.
Allo stato, gli osservatori del mondo dell’advertising sono divisi in tre fila: chi pensa che il colosso FB assorbirà il colpo medio tempore, contando sulla tendenza dell’utente a “dimenticare”; chi ritiene che lo scandalo abbia fondamenta così profonde da condurre ad un ridimensionamento dell’influenza della piattaforma (anche in considerazione di una già registrata tendenza alla disiscrizione del pubblico più giovane) a favore di altri social network od OTT; chi, infine, pensa che quello che sta succedendo a Zuckerberg & C. condurrà ad un ritorno dei più affidabili media tradizionali (news online di testate della carta stampata, radio e tv). (E.L. per NL)