Venerdì 9 giugno, nella sede di Assolombardia, è stata presentata “L’élite dei giovani (dis)informati”, indagine sulle abitudini nell’utilizzo dei media da parte di giovani e giovanissimi condotta dalla Fondazione Pubblicità Progresso e da Assirim, associazione di imprese che effettuano ricerche di mercato e sondaggi di opinione. La ricerca è stata svolta su di un campione di circa 1200 studenti universitari, in prevalenza di sesso femminile (73%) e in maggioranza iscritti alle facoltà di Scienze della comunicazione e Scienze politiche e sociali: tale composizione rende il campione non rappresentativo della totalità degli studenti universitari, cioè la fetta di popolazione di cui si è voluto osservare il comportamento. Limitatamente al campione, comunque, è sorto un dato molto evidente di preferenza dei new media a quelli tradizionali, soprattutto per reperire notizie e informazioni. Infatti, nonostante la tv, sia generalista che a pagamento, rimanga al primo posto nella classifica dei media fruiti, la disaffezione è crescente (il 18% del campione nel caso della tv generalista e il 16% in quello della pay tv, guarda la tv raramente o mai) e l’utilizzo principale è come fonte di intrattenimento: i programmi più visti sono film e telefilm (75%) , mentre news e telegiornali sono seguiti dal 60% degli intervistati e addirittura soltanto il 18% del campione guarda programmi di inchiesta e approfondimento.
La fonte primaria di notizie per i giovani è la Rete: il 40% degli intervistati utilizza internet più di 4 ore al giorno e il 15% più di 6 ore, principalmente da smartphone (95,6%) e PC (85%) e soprattutto per utilizzare motori di ricerca, app di messaggistica istantanea (Whatsapp, Messenger) e social network (Facebook, Twittet, etc.), che per il 65% degli intervistati costituiscono la fonte prediletta di informazione (mentre il 34% continua a preferire la televisione per questo scopo). Il dato si allinea con la statistica sull’evoluzione dell’utilizzo dei media elaborata da Censis nel 2016, che evidenzia un incremento generale dell’utilizzo di siti web di informazione e altri servizi di internet (social network, blog) la cui fruizione avviene in massima parte nella fascia di popolazione tra i 14 e i 29 anni.
Ad avviso di Assirim e della Fondazione Pubblicità Progresso, questa “dieta mediatica” sempre più online ha il pregio di essere più accessibile perché veloce e – nella stragrande maggioranza dei casi – gratuita, ma causerebbe difficoltà di orientamento in un “ecosistema digitale di fonti always on, rischi di minore approfondimento a causa della perdita di rilevanza della carta stampata come fonte informativa e una crescita del fenomeno selettivo”, cioè di quel fenomeno per cui l’utenza legge soltanto notizie affini ai propri interessi e orientamenti culturali e ideologici. L’associazione e la fondazione realizzatrici del progetto lanciano una sorta di allarme: il senso critico dei giovanissimi non si sviluppa a sufficienza a causa dell’utilizzo frequente e prolungato della rete e i ragazzi non sarebbero in grado di informarsi con consapevolezza. Non si può che concordare sulla necessità di stimolare il senso critico, a maggior ragione quando la fruizione dell’informazione avviene attraverso un medium dalle potenzialità sconfinate; invece non può essere condivisa l’etichetta di “strumento pericoloso” che si attribuisce implicitamente al web, come se la fruizione dei media tradizionali (televisione, radio, carta stampata) fosse esente da rischi. Neppure sembra appropriato l’accostamento – fatto esplicitamente da Assirim nella presentazione dello studio – delle rilevazioni in discorso a quelle di Ipsos, fatte su scala europea e campioni correttamente strutturati, per misurare la distanza tra la realtà e percezione da parte della popolazione degli Stati Membri dei fenomeni di immigrazione, disoccupazione, presenza di persone di fede musulmana e invecchiamento della popolazione. La popolazione di molti Paesi dell’UE è poco percettiva, cioè sovrastima di molto questi fenomeni fino a immaginarli come “emergenziali”, e questo avviene soprattutto in Italia, che – sulla scorta di questi dati – ha guadagnato la decima posizione nella classifica mondiale dell’“ignoranza”.
Nella ricerca “L’elite dei giovani (dis)informati” la bassa percettività dei fenomeni da parte della popolazione italiana viene connessa direttamente alla “dieta mediatica” a base di internet e social network; passo logico ulteriore discutibile, visto che il legame è presunto e non supportato da dati statistici, senza considerare che ad avere un ruolo preponderante nella formazione e nell’informazione degli individui di tutte le età e ancora la televisione, come la stessa ricerca di Assirim e Fondazione Pubblicità Progresso riporta. (V.D. per NL)