“Aiutare gli editori italiani a non farsi mangiare da Google, riprendendosi i propri spazi nei mercati dei contenuti e della pubblicità digitale, perché il digitale è un tumore per l’economia nazionale se offre servizi in Italia ma fattura all’estero”, ha spiegato Andrea Pezzi.
Avevamo lasciato l’ex conduttore e autore tv Andrea Pezzi qualche anno fa alle prese con la costruzione della misteriosa video enciclopedia Ovo, e lo abbiamo ritrovato la scorsa settimana a Milano con un progetto ben più strutturato: TheOutplay, il primo content and audience exchange sul mercato che fonda il proprio business – 8 milioni di euro di fatturato nel 2014, con una crescita del 300% sul 2013 – sulla distribuzione e lo scambio di video tra editori e produttori di contenuti in tutto il mondo. La società con base a Milano e a Londra è già forte di un team di 39 persone, e ora si propone al mercato come partner, da un lato di aziende e industry pubblicitaria (agenzie e centri media) nell’ottimizzazione delle propria strategia di comunicazione, dall’altro di editori e, più in generale, di produttori di contenuti, aiutandoli a superare il drastico cambiamento imposto dall’avvento del digitale e dall’abbattimento dello “spazio fisico” su cui l’industria pubblicitaria ed editoriale ha sempre lavorato. TheOutplay è una piattaforma in cui case editrici, concessionarie, centri media e produttori di contenuti concorrono nella creazione di news e pubblicità video da distribuire sul network dei 5 mila siti partner nel mondo (tra cui si annoverano, solo per citarne alcuni, The Telegraph, Rolling Stone, Metro, Cosmopolitan, People e, in Italia, Tiscali, GialloZafferano, Il Messaggero), con 160 mln di videostream mensili, 60 mln di video advertising e 45 mln di utenti unici. La nuova piattaforma gode già di una libreria di 12 mila video, nonché una capacità produttiva di 450 video al mese. Questi numeri sono resi possibili da un set di tecnologie proprietarie e da una precisa strategia societaria: “Internet – esordisce Andrea Pezzi, fondatore e CEO di TheOutplay – è assenza di spazio. Il caso di Google, che è la più grande concessionaria di pubblicità nel mondo senza avere nemmeno un banner in home page, è lampante: nel mondo digitale, ad assumere valore sono le connessioni, attraverso molteplici device, con un pubblico profilato”. La filosofia base del progetto consiste, come riporta un articolo di sabato 22 novembre apparso su ItaliaOggi, nel mettere in fila i principali editori al fine di ampliarne il pubblico digitale: “Il ricavo legato all’erogazione di ogni contenuto video viene suddiviso tra tutti i soggetti coinvolti – spiega Pezzi -. Il 35% va a chi ha realizzato la vendita pubblicitaria; il 30% va alla piattaforma; il 20% al sito che ospita il video e il 15% al titolare del video. Le quattro parti sono cumulabili: per esempio, se il sito che ospita il contenuto vende anche il preroll ad esso associato, cumula il 55% del ricavo”. Il ceo della società ha poi aggiunto “TheOutplay è un nuovo servizio, ma anche una società a cui è stata conferita interamente Ovo Italia che produce la nostra omonima enciclopedia video. Ovo rimane comunque come library e rispettivo marchio, che da lunedì è online col nuovo corso grafico e di informazioni”. La nuova piattaforma è detenuta al 100% da Sfera Investimenti di cui Pezzi detiene il 73,5%, Carlo Antonio De Matteo (chief product officer) il 5,1%, Marco Bogarelli (presidente di Infront Italy, che gestisce i diritti sportivi del calcio tricolore e non solo) è socio al 15,1%. Con un contenuto dell’1% compare infine l’attrice Cristiana Capotondi, legata sentimentalmente con Andrea Pezzi. Sul fronte dell’espansione espansione e della diffusione negli altri mercati, Pezzi ha aggiunto “con TheOutplay puntiamo a sbarcare l’anno prossimo in Germania o Francia. Guardiamo poi ai mercati Usa e degli Emirati Arabi. La nuova piattaforma è il punto di arrivo dell’iniziale progetto Ovo, da sempre pensata nell’ottica di arrivare fin qui”. In merito ai numeri e ai risultati infine, l’ebitda atteso per fine anno è di 3-3,5 mln di euro; “i ricavi della raccolta pubblicitaria pesano per il 60% mentre il rimanente 40% è assicurato dalla distribuzione di video e dal servizio di data intelligence, che permette alle aziende di profilare il proprio pubblico. In prospettiva, comunque, la quota della raccolta tenderà a diminuire a favore della distribuzione e dello scambio di contenuti. L’anno prossimo le inserzioni dovrebbero pesare per circa il 30%”, conclude Pezzi. E se il CEO di TheOutplay ha come obiettivo la creazione di una sorta di anti-Google con radici italiane, big G ha appena lanciato la piattaforma Google Contributor, incentrata sul finanziamento dei siti internet senza pubblicità. La scommessa è davvero audace questa volta: invece di finanziare i siti web attraverso la pubblicità, viene proposta l’alternativa di pagare per eliminare gli spot. Se l’utente decide di aderire al programma, riceverà messaggi di ringraziamento al posto di essere inondato da fiumi di banner pubblicitari. Come funzionerà l’operazione? Ad ogni visita ad un sito partner, una parte di denaro di questo abbonamento (si parla per ora di cifre che si aggirano tra 1 e 3 dollari mensili) verrà versata all’editore dei contenuti consultati; Google riceverebbe una minima percentuale sull’abbonamento mensile degli internauti, attirando gli utenti più refrattari agli spot online. (V.R. per NL)