Futuro incerto per il mercato del programmatic advertising, che nel 2022 sarà protagonista di una vera e propria rivoluzione.
Sedizione che partirà dai browser, i quali impediranno il funzionamento dei cookie di terze parti. Strumenti mediante i quali avviene il tracciamento cross-site, il retargeting, la profilazione dell’utente e il matching degli ID degli utenti tra le diverse piattaforme.
Cos’è il programmatic advertising
Nello specifico, il programmatic advertising consiste nell’indirizzare campagne pubblicitarie mirate su determinati contenuti agli utenti che potenzialmente ed effettivamente mostrano interesse per gli stessi.
Ciò accade grazie ad algoritmi che analizzano incessantemente i comportamenti online dei consumatori, estraendo il maggior numero di dati possibile.
Annunci pubblicitari mirati grazie al monitoraggio dei cookie
Ed ecco che entrano in scena i cookie, frammenti di dati relativi alla navigazione sul web di ogni singolo utente, in grado di estrapolare e registrare dati riguardanti, tra l’altro, i gusti, le preferenze e le ricerche condotte dal soggetto in questione.
Quindi un’analisi accurata di dati, finalizzata alla ricerca di uno specifico target, su base sia demografica che comportamentale, che mostra attitudine verso la pubblicità online.
I browser bloccano i cookie
Ma a partire dal 2022 le cose potranno definitivamente cambiare con il blocco previsto dei cookie di terze parti ad opera dei principali browser (alcuni l’hanno già fatto).
Sull’argomento è intervenuto Giuliano Noci (responsabile scientifico dell’Osservatorio Internet Media del Politecnico di Milano), specificando come i cookie siano alla base di questa selezione e che tale blocco colpirà l’intero settore del programmatic advertising, il quale subirà una contrazione sostanziosa negli anni a venire.
Soluzioni alternative
“Negli anni questo settore ha aumentato la sua rilevanza all’interno dell’industry pubblicitaria proprio grazie alle sue alte potenzialità di targetizzazione. L’impatto derivante dall’eliminazione dei cookie di terze parti su questa filiera sarà quindi molto significativo se gli operatori non si attrezzeranno per adottare soluzioni alternative”, commenta Noci.
In Italia
Le potenzialità del mercato si sono viste ad esempio nel nostro Paese, dove nel 2020 questo processo digitale per la pubblicità online ha raggiunto il valore di 588 mln di euro (in crescita del 6% rispetto al 2019).
Quanto invece alle misure alternative che dovrebbero essere intraprese, l’Italia mostra delle lacune. Sono ancora poche le aziende investitrici nell’advertising che, infatti, si sono già attivate nella ricerca di soluzioni valide a contrastare un futuro senza cookie di terze parti.
La privacy degli utenti
I cookie per 25 anni hanno consentito ai siti e agli advertiser di personalizzare l’esperienza di navigazione, plasmandola in base alle ricerche e alle aree di interesse del singolo utente.
Targetizzazione dell’esperienza web che da alcuni anni si è trovata al centro di una morsa giuridica messa in atto da molti paesi, volta a tutelare la privacy degli utenti.
Ne risentiranno in tanti
Chi ne risentirà maggiormente da questo blocco saranno principalmente i player di terze parti. Come le Data management platform (Dmp) – ossia le piattaforme tecnologiche che hanno lo scopo di raccogliere, elaborare e cedere i dati agli inserzionisti – e le data company.
Basti pensare che il 70% di questo tipo di aziende operanti in Italia raccoglie i propri dati mediante cookie.
Il blocco interesserà anche le aziende investitrici e gli editori, i quali basano parte dei loro ricavi proprio su questi sistemi di raccolta adv.
Dati di prima parte
Per riuscire a sopperire alle perdite che l’eliminazione dei cookie di terze parti dai browser genererà, gli attori coinvolti negativamente dovranno affidarsi e valorizzare i dati di prima parte (i dati raccolti direttamente dal titolare del sito).
Consapevoli che tale blocco impedirà loro di raggiungere gli utenti da altri domini al di fuori del loro. (E.T. per NL)