Il colosso editoriale Wall Street Journal, di proprietà della Dow Jones, il cui CdA è ancora controllato dalla famiglia Bancroft, resta in ballo tra una serie di autorevoli pretendenti. Certo è che, quando di mezzo c’è “lo squalo”, Rupert Murdoch, tutti gli altri paiono divenire delle formichine alla disperata ma sterile ricerca di fortuna. Effettivamente, però, i contendenti non sembrano, per ora, arrendersi allo strapotere dell’australiano: da alcuni giorni, infatti, si è aggiunto un terzo nome alla lista dei pretendenti del WSJ. Si tratta di Brian Tierney, ceo del “Daily News” e del “Philadelphia Enquired” (acquistati nel 2006 per 515 milioni di dollari, il nuovo patron è stato aspramente criticato per aver tagliato notevolmente i posti di lavoro nei due quotidiani, al fine di uscire dalla crisi economica che li attanagliava, creando conflitti molto duri con i sindacati). Oltre ai sopra citati, vi sarebbe, poi, Ron Burkle, un miliardario che si occupa del settore della grande distribuzione, il quale aveva già contattato i Bancroft, presentando una cordata di investitori con la ferma intenzione di contrastare quello che pareva un affare già concluso con Murdoch. Quest’ultimo, in effetti, è stato colui che più concretamente si è interessato alla vicenda del WSJ, presentando, per altro, l’offerta, attualmente, più alta: 3,78 miliardi di euro. La posizione di Murdoch, però, non convince del tutto la famiglia che detiene il controllo del CdA, principalmente per due ordini di motivi: in primis per la linea editoriale che il magnate darebbe al giornale, differente da quella attuale; in seconda istanza per le onerose buonuscite che dovrebbero sborsare (circa 50 milioni di dollari) agli oltre 100 top manager dell’azienda, dal momento che Murdoch ne rinnoverebbe in toto l’amministrazione. In ogni caso, però, disaccordi a parte, il WSJ pare proprio prendere la strada che porta allo “squalo” australiano. (Giuseppe Colucci per NL)