Aram Bartholl, Evan Roth e Tobias Laingruber lanciano un plug-in per Firefox che riproduce la navigazione con un IP cinese tra censure, blocchi e connessioni che saltano.
Censura è una parola grossa, è una parola troppo spesso abusata, utilizzata in contesti che non la richiedono, sbandierata da avversari politici e giustizialisti. Censura è una parola dai mille significati, è un concetto lato e circoscritto allo stesso tempo. Può essere applicata a casi disparati e anche non pericolosi oppure è uno strumento del male, pari alla tortura o alla schiavitù, per tenere la gente lontana dalla conoscenza, quindi lontana dal mondo, dalla vita. In ogni regime politico, democratico e non, vige una qualche forma di censura. In alcuni casi essa è fisiologica, in altri è uno strumento che fa di una nazione un regime, una dittatura. Reporter senza Frontiere, l’organizzazione non governativa che si occupa proprio di questo argomento, stila ogni anno una classifica dei Paesi del mondo in base alla libertà di stampa che i loro governi garantiscono. Sulla base di questionari sottoposti a giornalisti, giuristi e militanti nella difesa dei diritti umani, si riesce a stilare una graduatoria che, generalmente, vede in testa i Paesi scandinavi o comunque del democrazie del nord Europa. Quest’anno è toccato all’Islanda, a pari merito con Lussemburgo e Norvegia, tenere la prima posizione. L’Italia, come oramai costume, si colloca tra le ultime posizione tra i Paesi dell’Europa occidentale, perdendo addirittura sette posizioni rispetto al 2007, col passaggio di consegne al governo tra Prodi e Berlusconi. Su un totale di oltre 170 Paesi, però, occorrerebbe testare cosa vuol dire fare o cercare informazione nei paesi che si collocano alle ultime posizioni. La Cina, ad esempio, si è piazzata quest’anno 167ma. Se la censura è un concetto lato, però, basterebbe provare quella del governo di Pechino per rivedere il proprio concetto personale di censura. Ecco, senza dover per forza andare in Cina ed ottenere il visto cinese, da oggi è possibile simulare la navigazione in rete così come avviene in Cina, con tutti i siti censurati e le difficoltà che incontrano gli internauti cinesi (pensate, i più numerosi del mondo) nell’accesso al web.
Si tratta di un plug-in da applicare al famoso browser Mozilla Firefox, attraverso il quale si sostituisce automaticamente il proprio indirizzo IP (del Paese in cui ci si trova) con un indirizzo IP cinese, diventando automaticamente un navigante cinese. E provando sulla propria pelle ciò che riusciamo semplicemente a leggere in qualche sito web in Italia. Il sistema si chiama China Channel ed è stato sviluppato da Aram Bartholl, Evan Roth e Tobias Laingruber. China Channel riproduce i blocchi che il governo cinese impone ad alcuni siti web, interrompe la connessione, la blocca anche totalmente per alcuni minuti quando s’incappa in siti non graditi al governo di Pechino. Alla ricerca della parola “democracy”, ad esempio, corrispondono un gran numero di pagine alle quali è impossibile accedere. Questa applicazione serve è un’utilissima documentazione di quel problema che è la censura in un paese come la Cina. Dovremmo, perciò, stare attenti nei paragoni degli strumenti di censura tra Paese e paese. E pensare che il popolo degli internauti cinesi è il più numeroso del mondo fa venire in mente come tutto sia relativo in casi come questi. Per noi la rete costituisce un strumento libero d’evasione dai canoni informativi imposti dalle leggi politiche, economiche ed editoriali di governo ed editori. In Cina semplicemente uno strumento d’indottrinamento in più nelle mani del potere centrale. (G.M. per NL)