Voci in controtendenza – Punto Informatico: l’Italia punta su IPTV, che è morta

Abbiamo puntato sul DTT e poi ci siamo fermati. Ora spingiamo sulla televisione delle telecom, progetto che nasce morto. L’utenza, forse un giorno lo impareremo, se può, sceglie. E questo ha delle conseguenze


da www.punto-informatico.it

di T. Tessarolo

Roma – Internet cambierà la televisione, per sempre. Sia per chi la fa che per chi la guarda. Siamo di nuovo in un periodo di grande euforia dove Internet sta tornando ad essere il centro di molte attenzioni, forse troppe. L’eccesso d’entusiasmo, pur giustificato per un settore che esce da 6 anni di grande depressione, non è mai positivo. Si ricominciano a leggere sempre più di frequente previsioni sul nostro futuro fatte da presunti esperti che si spingono ai limiti della profezia.

La parola d’ordine, e non è la prima volta, è convergenza. In particolare ciò che sta eccitando particolarmente gli animi, spingendo grandi nomi ad investimenti importanti, è la rivoluzione del video online. Sì, perché al di là di tutto una certezza la abbiamo: quella del video sharing e dei contenuti generati dagli utenti è veramente una rivoluzione.

Questa nuova fase propulsiva ha una caratteristica fondamentale che la rende profondamente differente dalla prima era del Web, datata ormai più di dieci anni. Oggi abbiamo delle solide basi sulle quali costruire, oggi possiamo permetterci una analisi del mercato e delle previsioni di crescita basate sui numeri. E non è poco. Sappiamo che i contenuti d’intrattenimento digitale hanno trovato nel mondo online la piattaforma ideale per la loro distribuzione. Milioni di persone già oggi scoprono su Internet nuovi contenuti con cui intrattenersi, usano la rete per “sintonizzarsi” sui loro veri interessi, e comprano online ciò che vogliono possedere.

Chi distribuisce intrattenimento in formato digitale via Internet ha letto nei suoi stessi numeri le radici di questo profondo cambiamento. I cataloghi online continuano e continueranno incessantemente a crescere, senza che questo comporti un aggravio di costi significativo per chi li gestisce. Oggi la sola iTunes ha una library di oltre 200 serie TV. Già alla fine del prossimo anno potrebbero essere il doppio, senza che Apple per questo debba rivedere minimamente i suoi costi di gestione. Avere 200 o 400 serie televisive in digitale ha il costo dello spazio disco necessario a conservare queste informazioni. Ovvero non costa praticamente nulla. In cambio si propone all’utenza un catalogo costantemente più ricco.

La magia di questo nuovo sistema si è capita leggendo i numeri: “la gente” quando può scegliere, sceglie! La massa non è piatta. Quella che è sempre stata piatta, media, o ancora meglio, mediocre è stata l’offerta di contenuti d’intrattenimento che la gente ha avuto a disposizione. Ma d’altra parte nel mondo degli atomi, dove un giorno non può avere più di 24 ore ed un negozio di DVD più di 3000 titoli a scaffale, l’unica necessità è sempre stata quella di trovare prodotti in grado di catturare l’attenzione del maggior numero di persone possibile. Ecco allora che la proposta di contenuti TV non poteva che essere concentrata quasi esclusivamente su prodotti “nazional popolari”. Prodotti di successo, ben s’intenda, ma sempre per un numero di persone limitato.

L’unica alternativa è sempre stata il satellite. Peccato che i costi d’abbonamento hanno allontanato questa TV dalla massa. Oggi quello che sta accadendo è che la gente ha una nuova piattaforma, accessibile e fortemente interattiva, dalla quale scegliere, vedere e comprare. La diffusione della banda larga, il perfezionamento degli algoritmi di compressione del video e dell’audio e la facilità d’accesso alla rete sono i fattori ambientali che, una volta consolidati, hanno dato via a questa nuova rivoluzione.

C’è chi crede ancora che sia un fenomeno legato ai PC e la chiama “PC TV”, chi crede che siano contenuti pensati per essere fruiti da breve distanza sul monitor di un computer. Ma non è cosi. Il 2007 sarà l’anno in cui comincerà la sfida di “iPod TV” ovvero del nuovo oggetto del desiderio che vorremmo metterci accanto alla TV di casa per poter vedere comodamente sdraiati nel nostro salotto qualsiasi contenuto scaricato dalla rete. Che si chiami iTV, Windows Media Center, XBOX o PS3, molto presto un numero consistente di persone potrà guardare in TV quello che la rete trasmette. Forse solo allora qualcuno capirà che questa non è “un’altra TV” ma è la nuova TV.

Ciò che di meraviglioso c’è in questa naturale evoluzione nella fruizione dei contenuti video digitali è che non è IPTV. Qualcuno dovrebbe spiegarlo al Ministro delle Comunicazioni che invece di ripetere frasi fatte rintanato nelle stanze del potere dovrebbe mettere ogni tanto il “naso” in rete per capire che aria tira. Non aspiriamo ad avere una figura democratica e progressista “alla Al Gore” capace non solo di comprendere la nuova economia digitale ma anche di proporre ed ispirare importanti innovazioni. Ci basterebbe avere -finalmente- qualcuno che almeno sappia di cosa sta parlando. La politica dovrebbe saper arare e concimare il terreno per facilitare la crescita e lo sviluppo, non solo e soltanto inseguire affannosamente e disordinatamente quello che accade, continuando a far sprofondare questo paese agli ultimi posti per competitività nelle nuove tecnologie.

Da anni si parla di IPTV, senza che nessuna abbia mai saputo dare una definizione univoca di questo termine.

Il DVB (consorzio internazionale per la definizione degli standard televisivi, dal quale DVB-T, DVB-H etc.) sono anni che lavora alla definizione del cosiddetto DVB-IP: la IPTV standard oggi arrivata alla seconda versione di specifiche. Peccato che il modello IPTV sia stato concepito per rinforzare il potere delle telecom e dei cable operator piuttosto che per dare “alla gente” una nuova forma di televisione.

La IPTV come viene classicamente concepita ha una serie di vincoli e sovrastrutture che la rendono possibile solo in un contesto chiuso. La IPTV non si può fare via Internet. C’è bisogno di un network dedicato, che offra altissime prestazioni. Ecco allora che solo pochi, pochissimi, soggetti possono fornire IPTV.

Gli utenti che vogliono accedervi devono essere clienti di questi network, residenti in zone raggiunte dal servizio e dotati di apposito set-top-box. Un mondo a dir poco chiuso dove lo spettatore pagante continua ad essere costretto a sorbire quello che gli viene proposto. Magari con una scelta maggiore ma sempre imprigionato in un “walled garden” ormai anacronistico. L’IPTV, parliamoci chiaro, è morta! La TV dei telecom operator, il sogno di gloria di pochi, è ormai superata da ciò che la rete sta facendo emergere naturalmente.

La nuova TV, la Net TV, non ha più questi vincoli. È un nuovo modello, dove le nicchie hanno preso a valere già oggi oltre il 30% del fatturato complessivo di un “distributore” digitale. È una TV dalle infinite scelte, dal palinsesto illimitato fatto di produzione professionali ed amatoriali allo stesso tempo. È prevalentemente una TV non lineare, dove “la gente” vede quello che sceglie, quando vuole.

Siamo ancora agli albori di questa rivoluzione, nonostante gli entusiasmi. Dovremo capire come questo nuovo modello si adatterà fisiologicamente al nostro paese, alle abitudini ed agli infiniti gusti della nostra gente. Non vale la pena di correre cercando facili guadagni, si dovrà piuttosto sperimentare creando le basi per una evoluzione organica. La giusta strada verrà col tempo dall’evoluzione e dalla contrapposizione di tutti i modelli che si andranno a sperimentare. Il “sistema”, quello ufficiale, dovrebbe preoccuparsi di facilitare questo processo spingendo ad esempio per l’abbattimento dei costi e per l’apertura del mercato. Contrapponendosi a proposte folli come quella presentata dall’Unione Europea che mira ad equiparare per obblighi, responsabilità e vincoli qualsiasi video blogger ad una “tradizionale” emittente TV.

Stavamo facendo il Digitale Terrestre, fino a qualche tempo fa. Avevamo gettato delle serie basi per costruire l’infrastruttura capace di far fare un salto importante alla TV di questo paese. Non potevamo riuscirci così in fretta come si era creduto e con l’arroganza con cui avevamo approcciato. Ma potevamo continuare a spingere rimanendo i primi e più esperti in Europa (e nel mondo assieme alla Corea). Il Digitale Terrestre non sarà la rivoluzione. È sempre e comunque TV generalista che opera in un terreno dove è la scarsità delle frequenze che governa le scelte. Ciononostante, con il Digitale Terrestre si eleva lo stadio minimo della TV in maniera importante. Per la prima volta si potrà aprire veramente la multicanalità alle masse. Una multicanalità minima rispetto al satellite e ridicola rispetto alla Net TV, ma comunque un importante passo avanti rispetto alla TV tradizionale.

Ci siamo fermati. Ora puntiamo su altro. Indovinate su cosa? Sull’IPTV o, meglio, la TV delle telecom, ovvero l’ultimo colpo di coda per provare a far rientrare gli enormi investimenti che gli operator nostrani hanno fatto negli anni passati. Per fortuna oggi “la gente” può scegliere, cambiare canale, sintonizzandosi -probabilmente- altrove.

Tommaso Tessarolo
Il blog di T.T.

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