Non ce l’ha col Pm Woodcok, a suo dire. E nemmeno con i suoi editori, la famiglia Angelucci, che potrebbero fare un “ribaltone” a giorni ed acquistare “L’Unità”. A leggere la sua intervista (rilasciata d “ItaliaOggi” e pubblicata sul numero di venerdì scorso del quotidiano economico) sembrerebbe un agnellino, Vittorio Feltri (foto), che litiga con qualcuno sì, ma che non serba rancore per nessuno.
Faceva parte del braccio armato (…di penna) di Berlusconi, ora i suoi editori sono la famiglia Angelucci, in questi giorni al centro di numerose voci che li vorrebbero alla guida de “L’Unità”, in una logica di ripartizione politica delle testate molto all’italiana, un po’ qua e un po’ là. “Cosa c’è di strano?” – si chiede Feltri – “Gli Angelucci non fanno pressioni, almeno con noi. Libero va bene, e lo stesso succederà a L’Unità”, risponde, dando quasi per scontato che l’interesse sia reale, e che la trattativa vada in porto.
Poi, non disdegna stangate (e qui viene fuori il suo vero animo battagliero e polemico) ai suoi colleghi della carta stampata, nonché agli editori che pubblicano i loro giornali: “Bisogna cercare i veri motivi della crisi del quotidiano di Via Solferino” – dice, riferendosi al “Corriere” di Paolo Mieli – “Se cambi il direttore non risolvi nulla. Dovresti cambiare la redazione, pletorica, abitudinaria, difficile. Il Corriere della sera si è ammodernato dall’interno, ma ha una prima pagina che sembra quella del 1932”. Ma nemmeno “Repubblica” va tanto meglio, dal momento che il direttore di “Libero” la definisce, alla pari del “Corriere”, come “il catalogo dell’Ikea”, per via dell’eccessivo affollamento di foto tra le pagine dei due quotidiani. E sugli editori: “Sono vecchi, non vivono l’attualità. E poi quelle redazioni piene di gente che non fa nulla…”Infine, non può non intervenire sul Pm di Potenza Henry Woodcock, che proprio pochi giorni fa ha vinto una causa contro di lui per diffamazione (900 euro di multa per Feltri). Alla domanda su cosa avesse pensato della sentenza, ha risposto: “Stupore, non avevo scritto nulla di offensivo”. La frase offensiva in questione si riferiva alla traduzione, operata da Feltri in un suo articolo, con tono chiaramente sarcastico, del cognome del magistrato, che in inglese vorrebbe dire “fallo di legno”. Ma non era la prima che perdeva con Woodcock: “L’altra, però, era per omesso controllo. Non era un mio articolo. E poi un’altra l’ho vinta”. Ha una collezione, Feltri, di denunce da parte di magistrati, tra cui il recordman assoluto è certamente l’attuale ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro: “Però non erano miei articoli, io ne rispondevo per omesso controllo”, si difende. E, d’altronde, è proprio così. Perché Feltri è uno che difficilmente si difende. Generalmente contrattacca. (Giuseppe Colucci per NL)