È vietato diffondere informazioni e dettagli che rendano identificabili le vittime di violenza sessuale.
È quanto ha ribadito il Garante affrontando, con un provvedimento di cui è stato relatore Mauro Paissan, l’ennesimo caso di una donna vittima di un’aggressione e di una violenza sessuale (noto alle cronache come "caso di Primavalle"). La donna si era rivolta all’Autorità dopo che alcuni quotidiani, anche tramite i loro siti web, avevano diffuso un gran numero di informazioni e dettagli che la rendevano inequivocabilmente identificabile: il nome e l’età, la sua professione, la zona in cui viveva, la composizione del nucleo di persone con cui vive, il nome e il cognome dell’amica che l’ha soccorsa, il colore dei capelli. Fino all’indicazione della nazionalità dell’uomo con cui l’interessata aveva avuto intrattenuto rapporti prima di subire la violenza. L’Autorità, richiamando i quotidiani coinvolti al rispetto del Codice deontologico dei giornalisti e alla normativa sulla privacy, ha ribadito che i giornalisti possono diffondere dati personali, anche senza il consenso degli interessati, ma sempre nel rispetto dei limiti del diritto di cronaca, in particolare del "principio di essenzialità dell’informazione riguardo ai fatti di interesse pubblico". Tali cautele, ha sottolineato il Garante, devono essere adottate a maggior ragione in caso di notizie riguardanti vicende di violenza sessuale, in considerazione della particolare delicatezza del tema e della necessità di tutelare la riservatezza delle persone che sono colpite da così gravi azioni criminose. Il Garante ha vietato dunque a un quotidiano l’ulteriore diffusione, anche attraverso il proprio sito web, di dati che possano anche indirettamente rendere identificabile la donna, prescrivendo alle altre testate interessate dal provvedimento un maggiore rispetto del principio di essenzialità dell’informazione. Copia del provvedimento è stata inviata anche al Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti e agli ordini regionali competenti.