Uno si chiama Bruno Vespa, ha 63 anni, ed è abruzzese. L’altro si chiama Michele Santoro, ha 54 anni ed è nato a Salerno. Conducono le due trasmissioni d’informazione più popolari in Rai e in tutto il panorama informativo italiano, ma hanno una concezione molto differente del proprio lavoro. Il primo, ben felice d’avere un editore dichiaratamente politico piuttosto che finire in mani private, conduce la trasmissione definita, dai più, la “terza camera” del Parlamento, e lo fa con uno stile molto pacato, apparentemente super partes, in realtà quello che lo stesso Santoro ha definito una “passeggiatina per i politici”. Santoro, da par suo, ha alle sue spalle una tradizione molto più accesa politicamente, di attacchi senza remore a tutte le fazioni politiche, di trasmissioni molto “sanguigne” (definizione di Vespa), dove il politico (che, comunque, accetta il più delle volte di buon grado a partecipare alle sue trasmissioni, per via dello share sempre molto alto) viene denudato, messo alla berlina dal conduttore stesso e dai “franchi tiratori” che assolda, differenti per ogni edizione. La politica è la rovina della Rai e soprattutto dei programmi d’inchiesta, afferma Santoro, che quando realizza una trasmissione lo fa in completa autonomia. “Più i direttori sono suggeriti direttamente dai partiti, più avranno difficoltà a svolgere un ruolo culturale, perché magari si trovano lì per fare altro”, ha detto, in riferimento alle nomine politiche in Rai. Lui, che invece, a causa dell’intervento politico, la carica di direttore del Tg3 non l’ha potuta ricoprire: “La mia nomina a direttore del Tg3, unico caso nella storia della televisione pubblica, non si è potuta realizzare, perché sono intervenuti impedimenti di altre parti politiche”. A testimonianza che, nonostante venga da tutti additato come “sinistroide” e sia stato deputato europeo nelle file dei Democratici di Sinistra, la sua fazione politica non esiste, in realtà. E’ l’onestà verso il pubblico la sua fazione.
Anche su Vespa se ne sono dette tante riguardo i suoi ideali politici: che fosse democristiano è storia nota tra gli addetti ai lavori, che si tratti del figlio illegittimo di Benito Mussolini è una sorta di “urban legend” tirata fuori anni fa da Alessandra Mussolini. Lui ha sempre negato l’una e l’altra indiscrezione, giurando di non aver mai posseduto una tessera di partito, nemmeno da giovane. E, ovviamente, di non aver nessun grado di parentela con il Duce.
Il salotto di Vespa, la “terza camera”, è il programma politico più famoso d’Italia, anche per gli italiani all’estero. Il conduttore ha, infatti, polemizzato con il neo direttore di Rai International (l’ex collega del Tg1 Piero Badaloni), per la riduzione degli appuntamenti settimanali per i nostri emigrati, passati da quattro ad uno soltanto. Vespa racconta, comunque, che la nascita di Porta a Porta, datata 1996, fu una sorta di scommessa che non credeva di vincere, date la nazional-popolarità del target dell’ammiraglia Rai, abituata a seguire più quiz show che approfondimenti d’informazione. L’abilità dell’ex direttore del Tg1 fu, appunto, quella di fondere la discussione politica “alta” con toni un po’ più bassi, più popolari, salvo sfociare in un populismo spinto, quando si tratta di sviscerare indiscrezioni, spesso raccapriccianti, su casi come quello di Cogne o, più recentemente, di Garlasco. Santoro, invece, nel nazional-popolare cade raramente ed, anzi, osanna la caratteristica del target di “Annozero”, che conta la più alta percentuale di laureati tra le proprie file.
Sono due personaggi molto affascinanti e molto diversi, Michele Santoro e Bruno Vespa, con una concezione dell’informazione e del suo potere molto differente, con un punto di vista, spesso, antitetico sulle cose e sulla cosa pubblica, con un target di pubblico che difficilmente coincide. Eppure, sono due conduttori, forse gli unici due che ci sono in Rai, capaci di sfornare trasmissioni che si reggono autonomamente sul piano economico, che funzionano da traini e non da drenanti per le casse dell’azienda televisiva di Stato. Che trainano il carrozzone, in buona sostanza, reggendosi sulle risorse pubblicitarie prodotte, contribuendo all’andamento del bilancio aziendale, non scendendo mai sotto la quota di share prevista. Ma con un’unica, piccola, differenza per quel che riguarda la propria concezione di share e di audience. Racchiusa tutta in quest’affermazione di Bruno Vespa: “Se realizzo una trasmissione sulla Birmania, faccio un ascolto del 6%: purtroppo è così, non è colpa mia. Del resto, dovrei invitare alla trasmissione sulla Birmania esponenti politici italiani, mica posso chiamare i bonzi!”. Santoro, forse, si farebbe in quattro per reperire in qualche bonzo in giro per l’Asia minore. (Giuseppe Colucci per NL)