Com’era prevedibile, il ritorno dalle ferie dei provider tv non è stato affatto scevro da pesanti patemi d’animo.
Il primo momento tachicardico è conseguito alla coscienza della necessità, dettata dalle decisioni finali dei supremi giudici amministrativi, di riscrivere la mappa nazionale degli identificatori LCN a seguito degli arcinoti pasticci effettuati da Agcom e MSE-Com nell’attribuzione ai fornitori di servizi di media audiovisivi. Circostanza, questa, che imporrà la ripresentazione da parte dei content provider delle domande sulla base dei nuovi criteri fissati da Agcom in ossequio alle direttive del Consiglio di Stato, con la scontata ridda di nuovi ricorsi al TAR da parte di coloro che si sentiranno penalizzati rispetto all’iniziale assegnazione. Il secondo motivo di fibrillazione discende invece dalla pubblicazione dei bandi per la presentazione delle domande di inserimento nelle graduatorie della procedura di revisione del piano di assegnazione delle frequenze DTT nelle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio e Campania – aree transitate al digitale prima dell’anno 2011 – in attuazione della delibera Agcom 265/12/CONS. In tal caso, il rischio d’infarto è stato ancor più elevato, visto che: 1) le procedure non prevedono la presentazione di domande da parte di soggetti riuniti in consorzi o intese (cosicché ciascun network provider dovrà correre da sé, con riflessi pesantissimi nella definizione dei punteggi); 2) la stragrande parte degli operatori non ha realizzato la separazione contabile prevista quale condizione di partecipazione; 3) il conteggio dei dipendenti applicati alla sola attività di operatore di rete limiterà enormemente il conseguimento di un punteggio significativo sul punto, visto che i più hanno personale applicato al ruolo di fornitore di servizi di media audiovisivi (poiché solo in tale veste si conseguono i contributi ex L. 448/1998).