Globovision, emittente televisiva privata, in aperto contrasto con la politica governativa e rivoluzionar-bolivariana di Hugo Chávez, presto potrebbe fare la stessa fine della malcapitata Radio Caracas Television (RCTV).
A questa ultina, nel maggio del 2007, non è stata rinnovata la concessione statale per le proprie trasmissioni, ed è stata inviata, con tanti saluti, sul satellite, con la conseguenza di una perdita vistosa di audience e, logicamente, di potere mediatico. Globovision anche è una televisione storicamente schierata contro il governo socialista di Chávez, ed il presidente venezuelano probabilmente attendeva l’occasione propizia per tapparle la bocca. L’occasione è arrivata, dal momento che il soggetto giuridico che detiene il 50% delle azioni della società è fallito. Così lo stato sta tentando di riacquisire la metà della licenza di trasmissione del canale. Attualmente la licenza di Globovision scadrebbe nel 2013, ma tutto lascia pensare che i tempi siano maturi perché questa venga ritirata prima, obbligando in tal caso l’editore a concedere parte della licenza allo stato o ad emigrare, raggiungendo Radio Caracas Television sul satellite. Il destino di Globovision pare, a questo punto, più che mai compromesso, ma l’emittente tv non è la sola che rischia in Venezuela, d’accordo con la politica di “controllo sulla legalità” che il governo Chávez sta effettuando in questi mesi. È in corso, di fatti, una valutazione legale mirante ad una “riqualificazione” del comparto informativo privato, il cui obiettivo palese è quello di ammorbidire la linea di alcune emittenti, apertamente schierate contro la rivoluzione socialista in atto nel paese. La legge sulla “Responsabilità sociale di radio e tv”, ad esempio, con uno dei suoi codicilli, ha imposto alle emittenti la trasmissione degli interminabili discorsi di Hugo Chávez (le “cadenas”), in diretta, a patto che esse non dimostrino che almeno il 70% delle propria produzione è importata dall’estero. Neanche il comparto radiofonico, che Diosdado Cabello, ministro per le opere pubbliche e gli alloggi, nonché capo dell’Authority per la comunicazioni, definisce “uno dei soli luoghi dove la rivoluzione non si è fatta sentire”, è esentato da questa “riqualificazione”. Dal 17 luglio, per l’appunto, ben 240 emittenti radio, circa il 40% dell’intero comparto, sono sotto stretta osservazione governativa: le radio che dovessero risultare irregolari sarebbero obbligate ad abbattere la propria attrezzatura, con un’interdizione dalle trasmissioni per cinque anni. Alcune emittenti, secondo quanto riportato da Reporters sans frontiers, si sarebbero azzardate a diffondere messaggi unificati in favore della proprietà privata. E proprio l’organizzazione, impegnata nella difesa della libertà di stampa nel mondo, si è apertamente schierata contro le politiche di Chávez, facendo partire la sua ennesima battaglia contro i regimi che reprimono la “freedom of speech”, la libertà di parola. “Il governo bolivariano spera seriamente che la sua politica creerà l’unanimità ostacolando o censurando una stampa insufficientemente flessibile? Crede che i cittadini non siano abbastanza maturi per farsi una loro opinione?”, si legge in una nota sul sito dell’associazione. E ancora: “Chiamiamo il governo a sospendere le misure contrarie ai principi costituzionali fondamentali ed alla giurisprudenza interamericana in materia di libertà d’espressione”. Servirà? (Giuseppe Colucci per NL)