Le associazioni delle tv locali continuano ad annunciare che le emittenti sono sull’orlo del collasso economico, perché gli investimenti tecnologici prima e l’alterazione degli equilibri tecnici, editoriali e commerciali determinata dal passaggio al DTT poi, unita alla crisi economica mondiale, le hanno stritolate.
Eppure, nonostante siano dichiaratamente ed oggettivamente ad un passo dal baratro, gli editori locali non desistono dalla loro usuale e insalubre inclinazione a guardarsi di sottecchi, cercando di individuare improbabili conigli nascosti nel cilindro dei concorrenti. Così passa il tempo; le posizioni dominanti (nazionali) si consolidano; gli ascoltatori snobbano programmi di una povertà editoriale inaudita, ancorché posizionati su LCN nella prima ventina e gli inserzionisti scelgono nuove strade di promozione (web in primis), che si prospettano più promettenti ed evolute. Non è lamentandosi con cadenza mensile di essere ad un passo dalla fine per colpa di questo o di quel governo che si risolvono problemi congeniti. L’esperienza di Servizio Pubblico sembrava aver dimostrato che uniti si potrebbero creare remunerativi e seguiti programmi di spessore nazionale, sensibilizzando, nel contempo, le problematiche di settore. Ma l’iniziativa di Santoro, ben accolta dall’utenza, è stata liquidata dagli operatori con indifferenza o, peggio, squadrata col sospetto di inverosimili patti oscuri con le forze politiche in vista della prossima assegnazione delle frequenze definitive. Non è così che si esce dall’impasse. Così ci si affossa.