Il panorama radiofonico statunitense sta cambiando molto velocemente. Secondo le più recenti rilevazioni di Bridge Ratings, l’utenza delle tradizionali radio via etere sta progressivamente diminuendo, sostituendo l’FM con l’alternativa, per certi versi, più versatile, del web.
Infatti, stando a quanto riscontrato dalla società statunitense, teenager e giovani fino a 24 anni preferiscono le stazioni web radio sia in streaming, sia Internet only (le stazioni che non hanno simulcasting via etere). Si parla di circa 60 milioni di utenti, 38 dei quali sarebbero concentrati su stazioni radio nate e sviluppatesi esclusivamente su Internet. Quanto all’ascolto rimane molto consistente – circa 18 ore alla settimana – e fa presumere che entro i prossimi 5 anni lo scenario radiofonico made in Usa potrebbe subire enormi cambiamenti, sempre e comunque web-oriented. I maggiori responsabili della diminuzione di appeal delle radio via etere sono sempre cellulari e smartphone, la cui incontrastabile diffusione, soprattutto tra i più giovani, ha permesso di aumentare vertiginosamente la popolarità dei prodotti editoriali di qualità sul web (tra questi non solo web radio, ma anche web tv). Dal punto di vista degli editori, però, continua a crescere la possibilità di raggiungere anche quell’utenza lontana dai bacini di servizio dei propri diffusori (Internet, infatti, ti raggiunge più o meno ovunque tu sia, a condizione di avere un accesso alla rete), che va quindi ad integrare il numero complessivo di ascoltatori, aumentando il potenziale sul quale diffondere i propri messaggi. E non si tratta più semplicemente di un’opportunità, ma di una strategia imprenditoriale indispensabile, senza la quale non è possibile affrontare l’avvento delle nuove tecnologie non in FM; senza la quale non si farà altro che ridurre progressivamente il numero dei propri ascoltatori, perché incapaci di offrire l’alternativa più diffusa su smartphone e cellulari di nuova generazione. Ma, del resto, l’ascoltatore rimane tale sia che intercetti la stazione da una piattaforma tradizionale, piuttosto che da quella eventualmente più evoluta (un iPhone, per esempio). È possibile che qualcuno stia sottovalutando l’ascoltatore “ più evoluto”? Forse sì, ma i dati made in USA parlano chiaro e, prima o poi, riguarderanno anche il nostro panorama nazionale. (M.M. per NL)