Stando a quanto riportato qualche giorno fa dal Wall Street Journal, piccole e medie imprese statunitensi (quindi, aziende con meno di 100 dipendenti) avrebbero investito, nel 2009, una cifra compresa tra 35 e 40 miliardi di dollari in pubblicità locale.
La stima dimostrerebbe come giornali e medium locali in genere siano sempre più coinvolti nelle dinamiche pubblicitarie delle p.m.i. che investono grandi quantità di denaro in mezzi (presumibilmente) più efficaci per le proprie dimensioni e potenzialità. E si tratta di un mercato che fa sempre più gola ai colossi della rete i quali si starebbero ingegnando nella creazione di piattaforme che possano veicolare parte di questo flusso pubblicitario online, attraverso social network e applicazioni ad hoc. Il più recente di questi casi si chiama Places, piattaforma di Facebook che consente la geolocalizzazione degli utenti, tecnologia che effettivamente moltiplicherà le capacità di investimento sul mezzo sociale di Zuckerberg. Uno dei motivi principali per cui vengono sviluppate queste applicazioni è quello di seguire (pedinare?) l’utente del caso ovunque sia, offrendogli pubblicità mirata e abbinandola alla sua collocazione geografica: per esempio, se ci trovassimo nei pressi di un punto vendita o di un ufficio di servizi, i rispettivi gestori potrebbero avvisare chiunque si trovi nei dintorni (e abbia attivato la funzione specifica) sulle offerte in corso o sulle opportunità del caso. Pertanto, potrebbe risultare ancora più efficace per le p.m.i. raggiungere i potenziali clienti in questo modo, allo scopo di presentare i propri prodotti a chi è in un determinato posto per ragioni di natura lavorativa o, più semplicemente, per trascorrere le vacanze. Insomma, tutto si muove per garantire pubblicità sempre più personalizzata ad ogni utente, sfruttando in questo caso la geolocalizzazione (attualmente disponibile esclusivamente per iPhone) e Facebook (che conta oggi 500 milioni di utenti in tutto il mondo), ma senza dimenticare la sfera di imposizioni legate alla protezione della propria privacy. Come, infatti, ha fatto notare qualche blogger puntiglioso, informare la rete sulla propria posizione geografica non è detto che sia sempre da considerare un vantaggio: pensando semplicemente ai ladri che si infiltrano nelle abitazioni è facile pensare come uno strumento del genere possa essere utilizzato a proprio vantaggio (per esempio, rubare in casa quando l’inquilino è dichiaratamente altrove). La soluzione, almeno per ora, risiede nella possibilità, già nota a tutti gli utenti mediamente esperti di FB, di comunicare determinate informazioni solo a un numero prescelto di utenti, così da evitare spiacevoli fenomeni nell’utilizzo della predetta tecnologia. Certo è che i big di internet avranno un nuovo campo su cui affrontarsi e nel quale far confluire un sempre maggior quantitativo di investimenti pubblicitari proveniente anche da piccole aziende locali. L’unica limitazione (comunque di un certo peso) è la possibilità di sviluppare questo tipo di servizi solo per un numero effettivamente limitato di utenti (coloro che possiedono un iPhone e abbiano un profilo registrato su FB) e quindi dover gestire un target pubblicitario molto popoloso, ma non ancora eterogeneo e tantomeno diffuso alla stessa maniera in ogni paese. Ma non manca sicuramente molto perché la pubblicità locale sia indirizzata anche su dispositivi mobili tecnologicamente più semplici. (M.M. per NL)