Il presidente USA Barack Obama appare sempre più coi piedi per terra. E così, stante il rischio reale di lasciare senza tv milioni di famiglie americane, sta pensando (anzi, è praticamente certo che sarà così) di rimandare la data dello switch-off prevista per il prossimo 17 febbraio. Il rinvio consentirebbe di definire un nuovo piano di finanziamenti pubblici in grado di coprire la popolazione televisiva.
Decisione ammirevole, che dovrebbe farci riflettere, considerato che in Italia nonostante lo stato della DTT sia ancora peggiore di quello USA, non solo non si pensa affatto di prorogare la data di migrazione, ma, anzi, la si è anticipata con un decisione letteralmente irresponsabile, posta la vigenza della crisi economica (già ampiamente prevedibile al momento dell’emanazione del provvedimento normativo, che, come al solito, le rappresentanze delle emittenti locali hanno subito senza nemmeno tentare una minimale difesa)!
Vediamo quali sono le situazioni che rendono ancor più critica la nostra situazione rispetto a quella americana:
1) le tv (locali, ma anche qualche nazionale minore) non sono pronte tecnicamente allo switch-off, né hanno risorse economiche per reggere gli investimenti nella grande maggioranza dei casi (mentre negli USA gli operatori sono in prestart-up da tempo);
2) la popolazione non è stata istruita adeguatamente a riguardo della nuova tecnologia (mentre in America ha avuto luogo per tempo una efficace campagna informativa);
3) non è ancora stato sciolto il nodo cruciale dei numeri LCN (elemento essenziale, considerato che lo switch-off azzererà le presintonizzazioni conseguite in trenta anni di attività in regime di concorrenza pubblica e privata). Negli USA tale problema semplicemente non esiste;
4) non è ancora stato risolto il problema dei secondi televisori (la maggior parte della popolazione dispone di due tv, mentre il bonus riguarda un solo decoder). Inutile dire che negli Stati Uniti tale fattore è stato opportunamente considerato con la definizione di un bonus opportuno;
5) non è ancora stato definito il criterio di assegnazione dei canali, col rischio di creare fortissime discriminazioni. E’ questo il caso delle emittenti che oggi hanno impianti in banda coerente con le antenne di ricezione e che potrebbero ritrovarsi canali da utilizzare in postazione pianificata ma incoerente col parco di sistemi riceventi, con il rischio di essere invisibili a gran parte dell’utenza (es., nella cd. “grande Lombardia”, la postazione Monte Penice, non prevista dal Piano ma con antenne in banda IV ivi direzionate e quella di Valcava, sito previsto dal Piano ma pianificato in ricezione solo per i canali in banda V). Problema, questo, semplicemente inconcepibile in USA (che hanno sempre operato sulla base di un preventivo Piano di Assegnazione delle Frequenze);
6) non è ancora stato nemmeno affrontato il problema dei centralini d’antenne condominiali nelle grandi città, che, filtrando le frequenze in entrata, renderanno non ricevibili molti canali (cosicché molti soggetti, che oggi operano su canali ricevibili, potrebbero non essere fruibili dopo lo switch-off, almeno finché i centralini non saranno rimossi, operazione che evidentemente potrebbe essere attuata anche dopo molti mesi, oppure addirittura anni). Situazione, anche questa, inesistente negli Stati Uniti.
Problemi reali, quindi. Non demagogia.
Ciò nonostante, è molto probabile che ai vertici governativi nostrani essi interessino in minima parte o per nulla. Con buona pace degli italiani e delle tv minori.