E’ deciso: questo beauty contest non s’ha da fare. O, perlomeno, non si dovrebbe fare.
Nelle more di mettere la parola fine all’allucinante decisione del precedente governo di regalare a Mediaset, RAI, Telecom Italia e ad altri tre soggetti frequenze digitali per un valore compreso tra 3 e 6 miliardi di euro, tutto è stato sospeso per 90 giorni. Lo ha dichiarato venerdì 20/01 il ministro allo Sviluppo Economico Passera, membro di un esecutivo che non ha più potuto tenere gli occhi chiusi davanti ad una vergognosa pagina politico-economica. E si è aperto il cielo. Non quello di Murdoch, che dalla lizza si era già (strategicamente) ritirato, ma quello sopra Cologno Monzese, quartier generale di Mediaset. Che ha lanciato un lungo e astioso comunicato stampa, dove si censura un preteso vilipendio giuridico delle norme che una simile decisione comporterebbe. Curioso accaloramento, visto che l’azionista di maggioranza dell’azienda Silvio Berlusconi (ex presidente del Consiglio del governo che la procedura del beauty contest aveva avvallato, insieme ad Agcom) aveva pochi mesi fa dichiarato ai quattro venti, con una apparente serenità ora da rileggere, che Mediaset, in caso di trasformazione della gara non competitiva in asta, non si sarebbe stracciata le vesti, semplicemente rinunciando a parteciparvi. Strano, visto che il suo vicepresidente ed azionista di minoranza Pier Silvio Berlusconi (figlio dell’ex premier) aveva, poco dopo, dichiarato che riempire nuovi mux (acquisiti gratuitamente) di programmi d’appeal (a pagamento e/o infarciti di spot) non era detto fosse economicamente redditizio in un momento come questo. E, soprattutto, poco coerente. Se le cose stessero proprio come i due le avevano dipinte…