UPA (Utenti Pubblicità Associati) propone un accordo sull’affollamento pubblicitario nelle radio che divide le emittenti

Fuori dall’intesa le partecipate di due importanti gruppi editoriali: Espresso e Finelco contrari ad una regolamentazione uniforme per realtà radiofoniche diverse tra loro


Alcuni paletti al numero degli spot insistenti sulle trasmissioni radiofoniche e regole per una più efficace distribuzione degli stessi. Sono questi, a detta di UPA in accordo con alcune tra le principali emittenti in fm nazionali, i requisiti che contribuirebbero ad innalzare lo standard qualitativo della nostra offerta radiofonica.
Grazie a quest’intesa, in vigore a decorrere dal 1 gennaio 2008 per le concessionarie di pubblicità che vi hanno aderito, assisteremo ad alcuni importanti cambiamenti nell’ambito della distribuzione degli spot pubblicitari nelle radio interessate. Tra le principali novità la fissazione di un tetto del 18% su base oraria dedicato agli stop promozionali, riferito, però, solo a comunicazioni di tipo commerciale, senza che siano conteggiate quelle dedicate alla Pubblicità Progresso, agli inviti all’ascolto, agli spot su prodotti derivati o collegati ai programmi della radio, all’informazione cinematografica, alla propaganda politica; inoltre, il numero massimo di comunicati compreso in ogni singolo blocco pubblicitario non potrà essere superiore a 12; infine, vengono posti dei vincoli nel caso di promotion relative a prodotti concorrenti presenti sullo stesso passaggio di réclame: se questo ha sette o più spot i messaggi saranno separati da almeno due comunicati, se ne ha meno di sette non saranno trasmessi consecutivamente. Non mancano neanche penali per violazioni o sforamenti: si prevedono sanzioni pecuniarie recuperabili sul totale della spesa pubblicitaria sostenuta dagli spender, oppure la disponibilità di spazi in coda alla campagna. A detta dei promotori, tutto ciò viene fatto “al fine di valorizzare maggiormente il mezzo radiofonico, che per bacino di ascolto e qualità del target è ancora sottostimato in Italia”. Un impegno del genere, però, non ha messo d’accordo tutti. Difatti, al tavolo della trattativa si sono sedute solo Radio Rai, Rtl 102.5, Rds Radio Dimensione Suono, R 101, Radio 24, Radio Kiss Kiss, Radio Italia. Salta subito all’occhio l’assenza delle emittenti facenti capo ai gruppi editoriali Finelco (Radio 105, Rmc, Virgin Radio) e L’Espresso (Deejay, Capital, m2o) che, comunque, non hanno risparmiato commenti. Marco Mordonini, direttore commerciale di Nove Nove (concessionaria delle radio di Finelco), afferma che quella di UPA sembra un po’una forzatura e dichiara che loro, pur rimanendo disponibili al dialogo e condividendo il tetto del 18%, ritengono la decisione inerente al numero di blocchi o di break prerogativa esclusiva dell’editore. Per giunta, Radio 105, punta di diamante tra le loro partecipate, è attualmente al primo posto per durata di ascolto, “a significare che il prodotto piace e, quest’aspetto, è già sinonimo di qualità”. Interviene anche l’Espresso, facendo sapere che la questione è molto complessa e, pur condividendo la volontà di mettere ordine nella pubblicità radiofonica, le attuali proposte non sono ancora ottimali: “vanno bene per radio di flusso” – affermano i manager delle aziende facenti capo a Carlo De Benedetti – “mentre si adeguano male ad emittenti di programmi quali sono le nostre controllate. Dovessimo applicare l’accordo UPA così come strutturato ora, dovremmo rivoluzionare i palinsesti”. Tralasciando le polemiche, si ritiene piuttosto di dover dare conto di un dato che emerge da uno studio curato dalla Nielsen Media Research Southern Europe (si veda Italia Oggi, 5/12/2007, p. 29). Nelle previsioni della società di New York City, in Italia, nel 2008 la spesa complessiva per pubblicità crescerà del 2,9% ed in relazione ai vari mezzi di comunicazione interessati, tolto internet che vanterà ancora incrementi a due cifre, è proprio la radio che impennerà più degli altri con un avanzamento del 3,8%. Seconda solo alla Rete, in queste proiezioni per l’anno venturo, si lascerà dietro quotidiani, periodici, televisione, affissioni e cinema, riuscendo ad attirare a se buona parte degli investimenti in promozione pubblicitaria, che attualmente ammontano a circa 600 milioni di euro occupando una fetta pari al 7% della torta pubblicitaria nazionale.
Forse, chi non aderisce al patto in questione, conosce meglio di noi queste cifre e preferisce far collaudare ad altri il nuovo sistema di autoregolamentazione. Nella certezza che non sarà un requisito di cui gli spender terranno conto quando destineranno i loro esborsi ai vari canali promozionali, i critici dell’accordo UPA – emittenti radio, si preoccupano, per il momento, probabilmente solo di non autolimitarsi la possibilità di procedere speditamente e con il vento in poppa verso maggiori guadagni. (Stefano Cionini per NL)

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