Deregulation? Piuttosto semplificazione e normalizzazione. Sembrerebbero essere questi i principi ispiratori dei nuovi TUSMA (Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi, D. Lgs. 208/2021) e Codice delle Comunicazioni Elettroniche CCE (D. Lgs. 207/2021), attualmente in discussione in Parlamento.
Sennonché, ad un esame collegato, le spinte vengono spesso neutralizzate da controspinte in testi tra loro contraddittori. Almeno quanto a tendenze.I correttivi ipotizzati per l’attuale architettura normativa del sistema radiotelevisivo (pubblicati in anteprima un mese fa da NL), dovrebbero recepire le spinte verso i principi guida del sistema telefonico, prevalentemente fondato sulla regola del silenzio-assenso.
Ma in realtà non è affatto così, col rischio che, con l’approvazione, assisteremo a nuove forme di sperequazioni. Anzi, il TUSMA addirittura introduce nuove, inutili, diseguaglianze tra emittenti locali televisive e radiofoniche.
Nuova differenziazione sugli ambiti diffusivi locali nel TUSMA
Emblematica sul punto è l’introduzione di una nuova disparità di trattamento tra ambito diffusivo televisivo e radiofonico dopo che misure di normalizzazione erano in parte già state attuate all’interno dell’ordinamento settoriale, con l’eliminazione della incomprensibile differenza esistente da anni tra emittenti locali tv e radio, con le prime che erano qualificate tali fino all’illuminazione di metà della popolazione italiana e le seconde fissate a 15 milioni di abitanti.
Ambito radiofonico locale oggi
Dall’inizio dello scorso anno, come noto, anche le stazioni radio locali hanno quale limite di copertura i 30 milioni di abitanti.
Ambito tv locale domani
Nel nuovo TUSMA l’ambito locale televisivo è invece qualificato come “l’attività di fornitura di servizi di media audiovisivi veicolati in uno o più aree tecniche corrispondenti, su reti di I livello o su reti di II livello, comunque non superiori a dieci, anche non limitrofe, purché con copertura inferiore al 50 per cento della popolazione nazionale”.
Ambito radio locale domani = oggi
Il nuovo Testo Unico definisce invece «emittente radiofonica» il titolare di concessione o autorizzazione alla prosecuzione dell’attività, ai sensi della legge n. 66/2001, che opera su frequenze terrestri in tecnica analogica, che ha la responsabilità editoriale dei palinsesti radiofonici e li trasmette secondo le specifiche tipologie indicate nel TUSMA stesso, confermando l’irradiazione del segnale fino a una copertura massima del 50 per cento della popolazione nazionale, senza specificazione di numero di bacini.
Ipocrisia
A prescindere dalla rinnovata differenzazione tra ambiti locali, si tratta di un tetto all’evidenza di natura ipocrita, considerato che non ha alcun senso di esistere al cospetto della possibilità di accedere, da parte dei fornitori di contenuti radio-tv, a vettori che per loro natura hanno dimensioni sovranazionali, come le variegate forme di distribuzione IP o il satellite.
Trasformazione eterogenea progressiva
In un’ottica di ragionevolezza va, invece, e per fortuna, l’ipotesi di trasformazione dinamica del carattere concessorio radiofonico, da commerciale a comunitario ma anche viceversa (oggi la trasformazione è irriversibile) determinata dalla natura dell’ente assegnatario del titolo. Un po’ come da sempre avviene con gli impianti di diffusione FM, ovviamente neutrali rispetto al contenuto trasmesso.
FSMR comunitari
Per contro, poco comprensibile appare la ratio della qualificazione del “fornitore di servizi di media radiofonici a carattere comunitario su base nazionale o locale”, caratterizzato “dall’assenza dello scopo di lucro, che trasmette programmi originali autoprodotti che fanno riferimento ad istanze culturali, etniche, politiche e religiose per almeno il 30 per cento dell’orario di trasmissione giornaliero compreso tra le ore 7 e le ore 21, che può avvalersi di sponsorizzazioni e che non trasmette più del 10 per cento di pubblicità per ogni ora di diffusione”.
Perché?
La nuova formulazione distingue l’emittente radiofonica dal fornitore di servizi di media radiofonici, la prima operante in tecnica analogica, il secondo in tecnica digitale. In virtù di tale differenziazione, non si comprende perché non siano stati riportati i limiti previsti per le emittenti radiofoniche commerciali anche agli FSMR commerciali, ossia 20 per cento della programmazione settimanale destinato all’informazione, di cui almeno il 50 per cento all’informazione locale, in notizie e servizi, e a programmi, nell’ambito di almeno sessantaquattro ore settimanali.
Titoli promiscui
Di forte impatto in termini di presa d’atto della realtà, il novellato art. 5 comma 1, lett. d), che sopprime la parte, prevista in precedenza, in cui si stabiliva che uno stesso soggetto o soggetti tra loro in rapporto di controllo o di collegamento non potessero essere contemporaneamente titolari di autorizzazioni per fornitore di servizi media radiofonici digitali in ambito nazionale e in ambito locale.
Asimmetrie tra telefonia e radio-tv eliminate nel Codice delle Comunicazioni Elettroniche…
Il nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche CCE sembrerebbe puntare all’eliminazione di alcune asimmetrie tra le procedure per la messa in esercizio di impianti di telefonia e quelli radio-tv digitali, fondate sulla preventiva attribuzione dei diritti d’uso. Non si comprende infatti perché pur entrambi destinatari di diritti d’uso, i secondi debbano soggiacere ad una prassi inutilmente complessa al cospetto di quelli delle compagnie telefoniche (diverso è il caso dei diffusori FM, attivi in assenza di un piano di assegnazione delle frequenze).
… ma reintrodotte dal TUSMA
Sennonché, la rinnovata enunciazione dell’art. 25 (Disposizioni sugli impianti di radiodiffusione) del TUSMA, prevede al comma 4 che “Il Ministero autorizza la messa in esercizio e le eventuali successive modifiche degli impianti di radiodiffusione sonora digitale e dei connessi collegamenti di comunicazioni elettroniche con provvedimento da adottare entro 90 giorni dalla presentazione dell’istanza. Non si applica l’articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche (disciplina del silenzio-assenso)”.
Conquista vanificata
Considerato che il silenzio-assenso, non solo nel comparto radiotelevisivo, ma anche in altri settori strategici per l’economia nazionale, è stata una conquista, potremmo dire, dell’età moderna e, ammettendosi già allo stato attuale della normativa di riferimento, deroghe sancite da regolamenti ad hoc per la conclusione di taluni procedimenti amministrativi che, vuoi per la loro complessità e vuoi per la necessità che più organi esprimano le proprie considerazioni, siano necessari termini superiori a 30 giorni, non si comprende la ratio di tale disposizione.
Rettifica opportuna
Pregevole appare invece l’art. 35 (Telegiornali e giornali radio. Rettifica) c. 2 del TUSMA in discussione, che prevede che “Chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali, quali in particolare l’onore e la reputazione, o materiali dalla diffusione di immagini o dalla attribuzione di atti, pensieri, affermazioni o dichiarazioni contrari a verità ha diritto di chiedere al fornitore di servizi di media audiovisivi e radiofonici, ivi inclusa la concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale, all’emittente radiofonica oppure alle persone da loro delegate al controllo della trasmissione, la diffusione di contenuti in rettifica, purché questi ultimi non diano luogo a responsabilità penali”.
Pubblicità razionalizzata
Razionalizzanti paiono anche le innovazioni degli artt. 43 (Principi generali in materia di comunicazioni commerciali audiovisive e radiofoniche), 44 (Interruzioni pubblicitarie) e 45 (Limiti di affollamento), con cui sono stati aggiunti, nel primo caso, il riferimento ai fornitori di servizi di media radiofonici, nel secondo caso, la specificazione che la disposizione si applica anche ai fornitori di servizi di media radiofonici.
Specificazioni
Relativamente, invece, all’art. 45, al comma 1 è eliminata l’eccedenza al 7 per cento in quanto riguardava il 2022 e il riferimento temporale dal 1° gennaio 2023 in quanto superato. Mentre i commi 6-7-8-9-10 contengono una specificazione del destinatario della disposizione: non solo le emittenti radiofoniche, ma anche i fornitori di servizi di media, audiovisivi e radiofonici, pubblici e privati.
Il dito e la luna
Un’annotazione conclusiva in relazione a quello che, a nostro avviso, è un errore strategico notevole, nel generale dibattito: l’evidenza della concentrazione degli stakeholder radiofonici unicamente sullo sviluppo del DAB, dimenticando l’importanza della prominence dei servizi di media audiovisivi di interesse generale sulle automobili interconnesse.
Sottovalutazione
Considerato che in tutto il mondo si sta puntando in quella direzione, ciò appare una profonda e pericolosa sottovalutazione, che porterà con sé gli stessi problemi cui assistiamo oggi nell’ambito della ricerca dei canali tv generalisti (locali e nazionali) sulle smart tv.