Uno sguardo al decreto legislativo 231 del 2001

Approfondendo quanto scritto nell’articolo precedente, si può sintetizzare che il decreto legislativo in esame prevede la responsabilità dell’ente per i reati indicati in decreto e commessi nel suo interesse da persone che rivestono nell’ente funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, come pure da persone sottoposte alla loro direzione o vigilanza.

Non vi è invece responsabilità dell’ente se tali persone agiscono nell’interesse esclusivo proprio o di terzi. Non vi è ugualmente responsabilità amministrativa da parte dell’ente nel caso in cui l’organo dirigente aziendale ha dotato l’ente di un modello di gestione ed organizzazione idoneo a prevenire la commissione dei reati indicati in decreto. Tale idoneità deve essere riconoscibile da parte dell’autorità giudiziaria in caso di commissione di uno dei reati. Pertanto va reso operativo un modello di gestione che deve avere la caratteristica dell’efficacia nell’attuazione e che preveda verifiche periodiche dell’adeguatezza ricorrendo ad eventuali modifiche sia in caso di scoperte di violazioni del modello, sia recependo variazioni organizzative conseguenti all’evoluzione economica dell’ente. L’idoneità del modello consiste: -nell’individuazione delle attività nello svolgimento delle quali potrebbero essere commessi i reati con conseguente necessaria mappatura dei rischi di accadimento supportata da una analisi finalizzata all’individuazione e probabilità di commissione dei reati stessi; -prevedere specifiche procedure operative dettagliate e finalizzate a prevenirne la commissione ; -individuare le modalità di corretta gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; -definire gli obblighi di informazione verso l’organismo di vigilanza preposto al funzionamento ed osservanza dei modelli; -prevedere, infine, un sistema disciplinare per sanzionare il mancato rispetto del modello organizzativo di gestione. In linea di principio ed in base all’esperienza acquisita la struttura del modello organizzativo dovrebbe basarsi su una parte generale che: – illustri la normativa di riferimento; – definisca gli obiettivi e le finalità perseguite; – indichi i destinatari del modello; – ne preveda la diffusione nell’ente e la formazione del personale coinvolto. Inoltre che definisca: – l’Organo di Vigilanza preposto alla vigilanza circa l’applicazione e rispetto del modello organizzativo; – il sistema sanzionatorio ed infine – i flussi informativi necessari alla conoscenza ed applicazione operativa del modello. Definita la parte generale, il modello organizzativo deve poi completarsi con una parte speciale dove: – descrive le fattispecie di reato potenzialmente rilevanti e quindi che potrebbero verificarsi nella realtà alla quale si applica;- indica i processi potenzialmente più sensibili alle ipotesi di reato; – elenca i principi e le regole di condotta da seguire nella operatività e che informano la stesura delle procedure operative da seguire nel divenire dell’attività quotidiana unitamente alle attività di controllo e di verifica. Parte integrante del modello organizzativo è poi il codice etico dell’ente che è quel documento che riassume i principi generali e le regole di comportamento che indirizzano le azioni dei soggetti coinvolti verso dei comportamenti virtuosi. Come già si accennava, componenti fondamentali del modello organizzativo sono le procedure o protocolli esecutivi dove sono descritti i procedimenti da seguire nello svolgimento di specifiche attività ed i conseguenti comportamenti che devono tenere i soggetti coinvolti nelle varie fasi operative. A modello operante, essenziale è poi il ruolo dell’organismo di vigilanza che deve avere le caratteristiche di: – indipendenza ed autonomia e quindi non svolgere compiti operativi; – professionalità e quindi avere competenze ispettive e di consulenza di tipo giuridico, contabile e gestionale; – avere continuità di azione e quindi essere dotato di capacità di svolgere le funzioni di vigilanza e controllo con regolarità ed assiduità confrontandosi con gli organi sociali e le funzioni dell’ente. Le funzioni che competono all’organismo di vigilanza consistono nel controllo dell’adeguatezza ed effettività del modello organizzativo e delle procedure al fine della prevenzione dei reati e del rispetto dell’applicazione delle prescrizioni del modello. L’organismo di vigilanza deve inoltre proporre modifiche o aggiornamenti del modello organizzativo di gestione e delle procedure, se ritenuto necessario, come pure promuovere iniziative per la diffusione del modello e conseguente formazione del personale. Deve infine accertare eventuali segnalazioni di violazioni garantendo l’anonimato di chi le fornisce e predisporre relazioni periodiche e riepilogative all’organo di direzione dell’ente circa l’attività svolta. A tale fine i poteri dell’organo di vigilanza sono ispettivi con accesso a tutte le informazioni dell’ente incluse quelle rilevanti che competono alla direzione oltre a poter intervenire nelle riunioni degli organi dell’ente qualora ritenuto necessario. Indispensabile a questi fini, per questo organismo, una completa autonomia sia di tipo organizzativo, mediante un proprio regolamento interno, sia di tipo finanziario con proprio budget di spesa adeguato. I flussi informativi che fanno capo all’organo di vigilanza consistono nell’obbligo di informazione verso tale organo da parte delle funzioni a più alto rischio di reato con riferimento sia all’attività per attuare il modello organizzativo, sia per evidenziare anomalie riscontrate nella gestione. Tutti i dipendenti in possesso di notizie relative a commissioni di reati o di violazioni del modello devono poi riferirle a questo organo di vigilanza. Termina qui il rapido sguardo al decreto legislativo 231 del 2001 rivolto in particolare alla possibilità per l’ente di essere sollevato dalla responsabilità amministrativa prevista dal decreto. In pratica si può sostenere che una adeguata organizzazione, formalizzata nel modello operativo richiesto dal decreto, così come garantisce alla dirigenza una corretta gestione, consente allo stesso tempo un comportamento adeguato anche verso il rispetto delle indicazioni del decreto legislativo 231 per l’esenzione della responsabilità amministrativa dell’ente. La differenza sostanziale tra un modello organizzativo di normale conduzione di un ente e quello richiesto dal decreto consiste principalmente nella formalizzazione delle procedure e nei conseguenti controlli richiesti dal decreto che in tale modo fanno riferimento ad un parametro oggettivo di riferimento. (G.T. per NL)

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