I fatti, in sintesi. Un comune della Lombardia scrive ad un’emittente che aveva chiesto la regolarizzazione urbanistica del proprio impianto, informandola di non poter accogliere la domanda in quanto, a seguito di conferenza di servizi tenutasi presso l’Ispettorato territoriale del MSE-Com, erano emersi dubbi sulla legittimità amministrativa del diffusore. Ritenendo infondata la motivazione, la stazione chiede all’Ispettorato l’estrazione ex L. 241/1990 del verbale della conferenza. L’organo territoriale dello Sviluppo economico risponde che sebbene la riunione si sia svolta presso la propria sede avendo essa tratto impulso da una richiesta del Comune, il documento (pur in suo possesso e dallo stesso formato) avrebbe dovuto essere domandato a tale ente. Risultato: doppio lavoro per la P.A. e per il cittadino; duplicazione del tempo; moltiplicazione delle spese per il privato e per lo Stato. Una piccola cosa, è vero; ma indiziaria di un grande problema di mentalità. E’ questa la P.A. che vogliamo? Certamente non è quella voluta dai padri costituenti, secondo i quali l’azione della pubblica amministrazione deve mirare all’interesse generale della comunità, agendo attraverso l’esercizio del potere in modo trasparente, logico e ragionevole. Una profonda ed illuminata lettura dell’art. 97 della Costituzione crediamo sarebbe quantomeno d’obbligo per chi pretende di amministrarci.