(Repubblica.it) – La proposta del ministro Bondi. Dal nuovo cda solo critiche: "Idea inutile". Non si sa quale verrà "sacrificata". Ruffini: iniziativa antica e rischiosa.
Il Cda della Rai non è ancora formato, ma il ministro della Cultura, Sandro Bondi, già invita i suoi componenti a una scelta chiave con una lettera a Repubblica: "Svincolare una rete dal sistema di rilevazione dell’Auditel e dalla pubblicità, come è stato deciso da Sarkozy in Francia". Dalla Rai si sollevano i primi dubbi. Giovanna Bianchi Clerici (Lega), fresca di riconferma nel Cda, giudica "la proposta Bondi superata dall’avvento del digitale terrestre: a fine anno 10 milioni di italiani, dal Lazio alla Campania al Piemonte, avranno accesso ai nuovi canali tematici. Il problema non si pone".
La Bianchi Clerici tocca il tema caldo della pubblicità, del "favore" che si farebbe alla concorrenza. "Capisco il ministro, che chiede al servizio pubblico di elevarsi, di fare cultura. Ma non è il caso di indebolire gli asset Rai. Si rischia di fare un favore a Mediaset, Sky e al web. Questo è il caso in cui una nuova tecnologia ci viene incontro: il digitale terrestre potrà soddisfare tutti i palati".
Nino Rizzo Nervo, riconfermato nel Cda Rai (quota Pd) contesta la proposta. "Bondi non deve fare la richiesta al nuovo Cda Rai, ma al Parlamento, come è avvenuto in Francia su input di Sarkozy. Il ministro sa bene che svincolare una rete dall’Auditel significa rinunciare alla pubblicità e soltanto una legge può stabilirlo. Se i consiglieri prendessero una simile decisione, la Corte dei conti sarebbe legittimata a accusare il Cda di far perdere valore all’azienda. E se si farà la legge, in Parlamento si dovranno rivedere i tetti di affollamento pubblicitario di Mediaset. Altrimenti non si avrebbe una ridistribuzione equa delle risorse pubblicitarie lasciate dalla Rai".
Non si sa quale sarà la "rete sacrificale", ma il direttore di RaiTre, Paolo Ruffini, trova la proposta densa di rischi. "Credo che l’idea di affidare ad una sola delle reti Rai il compito di fare "vero servizio pubblico" sia non solo antica ma anche rischiosa. Cosa farebbero le altre reti Rai? Una tv commerciale? Quanto all’Auditel, o allo share, la domanda da porsi è: si può fare un vero servizio pubblico se non c’è il pubblico?". E aggiunge: "È evidente, invece, che con l’avvento del digitale, che moltiplicherà i canali Rai, sarà possibile avere non solo una ma anche più reti dedicate, più pubblici di nicchia. E mantenere un’offerta generalista, plurale e pluralista, senza la quale il servizio pubblico perderebbe la sua ragione d’essere".
La Bianchi Clerici tocca il tema caldo della pubblicità, del "favore" che si farebbe alla concorrenza. "Capisco il ministro, che chiede al servizio pubblico di elevarsi, di fare cultura. Ma non è il caso di indebolire gli asset Rai. Si rischia di fare un favore a Mediaset, Sky e al web. Questo è il caso in cui una nuova tecnologia ci viene incontro: il digitale terrestre potrà soddisfare tutti i palati".
Nino Rizzo Nervo, riconfermato nel Cda Rai (quota Pd) contesta la proposta. "Bondi non deve fare la richiesta al nuovo Cda Rai, ma al Parlamento, come è avvenuto in Francia su input di Sarkozy. Il ministro sa bene che svincolare una rete dall’Auditel significa rinunciare alla pubblicità e soltanto una legge può stabilirlo. Se i consiglieri prendessero una simile decisione, la Corte dei conti sarebbe legittimata a accusare il Cda di far perdere valore all’azienda. E se si farà la legge, in Parlamento si dovranno rivedere i tetti di affollamento pubblicitario di Mediaset. Altrimenti non si avrebbe una ridistribuzione equa delle risorse pubblicitarie lasciate dalla Rai".
Non si sa quale sarà la "rete sacrificale", ma il direttore di RaiTre, Paolo Ruffini, trova la proposta densa di rischi. "Credo che l’idea di affidare ad una sola delle reti Rai il compito di fare "vero servizio pubblico" sia non solo antica ma anche rischiosa. Cosa farebbero le altre reti Rai? Una tv commerciale? Quanto all’Auditel, o allo share, la domanda da porsi è: si può fare un vero servizio pubblico se non c’è il pubblico?". E aggiunge: "È evidente, invece, che con l’avvento del digitale, che moltiplicherà i canali Rai, sarà possibile avere non solo una ma anche più reti dedicate, più pubblici di nicchia. E mantenere un’offerta generalista, plurale e pluralista, senza la quale il servizio pubblico perderebbe la sua ragione d’essere".