Un viso rilassato, dopo una gran mangiata con gli amici nell’isolotto di Crevan; mani ferme alla guida del suo Robinson44, un cenno di saluto ai suoi cari, appena lasciati in barca, mentre si alza in volo in compagnia dell’amico di una vita, Pietro Fabbrini. Sono queste le ultime immagini che i testimoni dell’incidente (parenti e amici, di ritorno da una scampagnata sull’isola di Crevan, di proprietà dell’imprenditore) ricordano di Giorgio Panto, prima che il suo elicottero prendesse una traiettoria strana e si andasse ad inabissare nel bel mezzo della laguna di Venezia. Panto, magnate del legno e delle televisioni, era un tipo esuberante, costantemente sopra le righe, una sorta di Berlusconi veneto, data la “presa” che da sempre ha avuto sulla gente di quella parte d’Italia che egli amava tanto e che gli aveva dato i natali, il nordest. E proprio per il nordest si era sempre battuto, per la sua autonomia dal governo centrale, per i suoi imprenditori, dei quali egli si sentiva un po’ il capopopolo. Dicevamo della somiglianza con Berlusconi, del cammino da entrambi intrapreso, dapprima nel mondo dell’editoria televisiva per poi sbarcare in politica. Somiglianza sulla quale Panto amava scherzare, ma che puntualmente ridimensionava: “Ma va là, va là, il cavaliere di Arcore ha capacità molto superiori alle mie. E io non ho certo le sue attitudini al compromesso”. Già, la parola compromesso non ha mai fatto parte del vocabolario di Giorgio Panto, imprenditore, anch’egli prestato alla politica, ma a cui piaceva fare di testa sua, anche a costo di rimetterci soldi, potere e popolarità. Infatti, dopo un lungo trascorso a “combattere” per la secessione tra le camicie verdi della Lega, si era messo in proprio, fondando un proprio partito, “Progetto Nordest”, un partito decisamente estremista, con l’obiettivo di valorizzare le risorse imprenditoriali del nordest italiano (Veneto, Friuli, Trentino), che alle recenti elezioni politiche si era trovato al centro di una polemica infinita, in quanto colpevole (secondo molti) di essere stato, involontariamente, artefice della sconfitta del Polo. In effetti, non avendo ottenuto i risultati che tutti si attendevano, non era stato eletto come senatore e aveva fatto “perdere” alla CdL quei voti sui quali contava e che avrebbero spianato la strada verso la vittoria a Berlusconi e soci. Proprio per questa ragione aveva avuto un furioso botta e risposta con il presidente della Regione Veneto, il forzista Giancarlo Galan, che lo aveva definito un “falegname qualsiasi, che ci ha fatto perdere le elezioni”, accusa a cui Panto aveva risposto sulle rime con un “prego? Io costruisco infissi in teak. Legno durissimo, fatto apposta per rompere i denti a qualcuno”. Già, perché a Giorgio Panto non andavano a genio i compromessi, neanche quando a guadagnarci sarebbe stato certamente anche lui. Raccontava proprio l’imprenditore, in un’intervista, di un aneddoto, di un incontro ad Arcore con Berlusconi, poco prima delle politiche del 1994, che lo avrebbero incoronato vincitore. Il futuro premier gli aveva offerto un posto di primo piano nel suo partito, data la sua popolarità in Veneto, ma Panto, che si sentiva un “cavallo di razza”, declinò l’offerta, preferendo mettersi in proprio e combattere solo le battaglie che interessavano a lui. E tra le “battaglie” che piacevano a Mr. Nordest, c’erano quelle in elicottero, le traversate volanti di cui Panto era appassionato e che già lo avevano portato ad un passo dalla morte nel settembre del 1989, quando con il suo Piper Cheyenne, guidato da un altro pilota, si era schiantato su un albero, rischiando la vita ma salvandosi per miracolo. Aveva detto subito dopo: “Ho avuto una paura fottuta, ma ne sono uscito vivo. E dopo sei ore ero già al comando di un altro bimotore”. Questa volta la sorte è stata avversa a Giorgio Panto, che ha lasciato una moglie, tre figli e un impero davvero invidiabile. Quasi la stessa storia di un altro imprenditore del legno (mobili), divenuto famoso con la pubblicità sulle tv locali di cui poi si era innamorato. Anche lui aveva tre figli. Come Panto morì in un incidente aereo, proprio venti anni fa. Pure il nome era lo stesso: Giorgio. Giorgio Aiazzone. (G.C. per NL)