Uffici stampa nella P.A.: dopo il “decreto Tremonti” 112/2008 cittadinanza piena soltanto per i giornalisti professionisti assunti “con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa”

Per i professionisti iscritti agli Albi “si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore”


L’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il diregente che ha stipulato i contratti.

Nel mirino uffici stampa e redazioni della Pubblica amministrazione (di cui gli Ordini professionali fanno parte).

di Franco Abruzzo
docente universitario a contratto di “Diritto dell’Informazione”

INDICE
1. Urp, portavoce e uffici stampa nella P.A..
2. L’articolo 9 della legge 7 giugno 2000 n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) inquadra sul piano normativa l’Ufficio stampa.
3. Ufficio stampa: analisi dell’articolo 9 della legge n. 150/2000 e del suo Regolamento (Dpr 442/2001) nonché dell’articolo 7 (nuovo comma 6) del dlgs 165/2001. Soltanto giornalisti professionisti assunti come collaboratori e in via “temporanea”.

1. Urp, portavoce e uffici stampa nella P.A..
Dal 1990 al 2000 il Parlamento ha varato sei leggi, che parlano di comunicazione e informazione. La legge 142/1990 afferma il diritto /dovere delle istituzioni di comunicare; la legge 241/1990 pone la comunicazione al servizio dei principi di trasparenza e di accesso alla documentazione amministrativa; il Dlgs 29/1993 offre lo sbocco dell’assunzione “precaria”; la legge 59/1997 lega la comunicazione ai processi di semplificazione; la legge 127/1997 colloca la comunicazione al servizio dello snellimento dell’attività amministrativa; infine la legge 150/2000 (con il regolamento-dpr 422/2001) legittima in maniera definitiva l’informazione e la comunicazione riconosciute come costanti dell’azione di governo nella pubblica amministrazione (così Alessandro Rovinetti in Diritto di parola, Il Sole 24 Ore, Milano 2000). L’articolo 6 della legge 150 precisa sul punto che “le attività di informazione si realizzano attraverso il portavoce e l’ufficio stampa e quelle di comunicazione attraverso l’ufficio per le relazioni con il pubblico, nonché attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese”.
La legge 150, sancendo (con l’articolo 9) la presenza esclusiva dei giornalisti negli uffici stampa, dà vita ufficialmente e legalmente al giornalismo degli uffici stampa, che affianca quello tradizionale dei giornali e dei periodici, quello delle tv e delle radio e, infine quello telematico nato con il Cnlg 2001-2005 (firmato il 24 febbraio 2001).
Il Dlgs 29/1993, di cui parla legge 150, è stato assorbito nel Dlgs 165/2001 (“Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”).

2. L’articolo 9 della legge 7 giugno 2000 n. 150 (Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) inquadra sul piano normativa l’Ufficio stampa:
“Art. 9 – Uffici stampa
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa.
2. Gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di personale è costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in posizione di comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’articolo 5, utilizzato con le modalità di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni (1), nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime finalità.
3. L’ufficio stampa è diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa, il quale, sulla base delle direttive impartite dall’organo di vertice dell’amministrazione, cura i collegamenti con gli organi di informazione, assicurando il massimo grado di trasparenza, chiarezza e tempestività delle comunicazioni da fornire nelle materie di interesse dell’amministrazione.
4. I coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche. Eventuali deroghe possono essere previste dalla contrattazione collettiva di cui al comma 5.
5. Negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
(1) Oggi assorbito nel decreto legislativo n. 165/2001

3. Uffici stampa: analisi della legge n. 150/2000 e del suo Regolamento (Dpr 442/2001) nonché dell’articolo 7 (nuovo comma 6) del dlgs 165/2001 (già 29/1993).
L’articolo 1 è il “manifesto” della legge 150, perché fissa le “finalità e l’ambito di applicazione” della legge medesima. Le disposizioni, scritte nella legge, “in attuazione dei princìpi che regolano la trasparenza e l’efficacia dell’azione amministrativa, disciplinano le attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni”. Dice il comma 4:
“Nel rispetto delle norme vigenti in tema di segreto di Stato, di segreto d’ufficio, di tutela della riservatezza dei dati personali e in conformità ai comportamenti richiesti dalle carte deontologiche, sono considerate attività di informazione e di comunicazione istituzionale quelle poste in essere in Italia o all’estero dalle pubbliche amministrazioni e volte a conseguire:
a) l’informazione ai mezzi di comunicazione di massa, attraverso stampa, audiovisivi e strumenti telematici;
b) la comunicazione esterna rivolta ai cittadini, alle collettività e ad altri enti attraverso ogni modalità tecnica ed organizzativa;
c) la comunicazione interna realizzata nell’ambito di ciascun ente.
5. Le attività di informazione e di comunicazione sono, in particolare, finalizzate a:
a) illustrare e favorire la conoscenza delle disposizioni normative, al fine di facilitarne l’applicazione;
b) illustrare le attività delle istituzioni e il loro funzionamento;
c) favorire l’accesso ai servizi pubblici, promuovendone la conoscenza;
d) promuovere conoscenze allargate e approfondite su temi di rilevante interesse pubblico e sociale;
e) favorire processi interni di semplificazione delle procedure e di modernizzazione degli apparati nonché la conoscenza dell’avvio e del percorso dei procedimenti amministrativi;
f) promuovere l’immagine delle amministrazioni, nonché quella dell’Italia, in Europa e nel mondo, conferendo conoscenza e visibilità ad eventi d’importanza locale, regionale, nazionale ed internazionale.
6. Le attività di informazione e di comunicazione istituzionale di cui alla presente legge non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni e offerte al pubblico”.
Gli enti pubblici (compresi gli Ordini) possono legittimamente comunicare con il portale web, con le email, con i giornali di carta e con i mezzi radiotelevisivi.
Il riferimento “ai comportamenti richiesti dalle carte deontologiche” riguarda espressamente i giornalisti, che il successivo articolo 9 destina agli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni. Gli uffici stampa della Pubblica amministrazione e degli Enti Locali saranno, infatti, composti da giornalisti iscritti all’Albo. Le attività di informazione si realizzano attraverso il portavoce e l’Ufficio stampa, quelle di comunicazione attraverso l’Ufficio relazioni con il pubblico (Urp) e strutture analoghe quali gli sportelli del cittadino, quelli polifunzionali o per le imprese. La separazione tra il mondo della comunicazione e quello dell’informazione è netta.
Anche l’articolo 1 del regolamento (Dpr 422/2001) ha le caratteristiche del manifesto per quanto riguarda l’ambito del personale da utilizzare: “Il regolamento individua i titoli per l’accesso del personale da utilizzare per le attività di informazione e di comunicazione, disciplina i modelli formativi finalizzati alla qualificazione professionale del personale che già svolge le attività di informazione e di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, e stabilisce i requisiti minimi dei soggetti privati e pubblici abilitati allo svolgimento di attività formative in materia di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni”. Le disposizioni del regolamento “si applicano alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ad eccezione delle regioni a statuto ordinario, delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano”.
Il Regolamento, escludendo le Regioni, restringe, rispetto alla legge 150, l’area delle pubbliche amministrazioni. Il comma 2 dell’articolo 1 del Regolamento fa riferimento “alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. Il comma 2 specifica che “per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale”. Le Regioni, come riferito, sono escluse (in omaggio alla potestà legislativa fissata nel nuovo articolo 117 della Costituzione) dall’applicazione della normativa, mentre nel concetto di “enti pubblici non economici” rientrano gli Ordini e i Collegi professionali. L’articolo 3 del regolamento, con il riferimento all’articolo 16 del Dpr 5 gennaio 1967 n. 18, toglie dalla portata dalla legge 150 anche il Ministero degli Esteri, il quale colloca nel suo ufficio stampa soltanto diplomatici di carriera.
Al rapporto tra amministrazione e organi di informazione sarà incaricato, oltre all’Ufficio stampa, anche il portavoce che, per la durata del suo incarico, non potrà esercitare attività professionale nei media. Il portavoce tradizionalmente (ma non necessariamente) è un giornalista (l’esempio viene dalla Presidenza della Repubblica, dalle Presidenze delle Camere, dalla Presidenza del Consiglio e dalla Presidenza della Giunta della Regione Lombardia). La stessa incompatibilità (divieto di attività parallela nei media, ndr) varrà per il personale degli Uffici stampa, che dovrà essere iscritto nell’Albo dei giornalisti (professionisti e pubblicisti, secondo il Regolamento), il cui profilo professionale sarà definito attraverso una “speciale area di contrattazione”.
I compiti degli Urp, a loro volta, dovranno essere schematizzati con Regolamenti delle amministrazioni interessate. L’articolo 2 (comma 2) del regolamento della legge 150 individua le figure professionali degli Urp: “Per il personale appartenente a qualifica dirigenziale e per il personale appartenente a qualifiche comprese nell’area di inquadramento C del contratto collettivo nazionale del lavoro per il comparto Ministeri o in aree equivalente dei contratti collettivi nazionali di lavoro, per i comparti di contrattazione riguardanti le altre amministrazioni pubbliche cui si applica il presente regolamento è richiesto il possesso del diploma di laurea in scienze della comunicazione, del diploma di laurea in relazioni pubbliche e materie assimilate, ovvero, per i laureati in discipline diverse, del titolo di specializzazione o di perfezionamento post laurea o di altri titoli post universitari rilasciati in scienze della comunicazione o relazioni pubbliche e materie assimilate da università ed istituti universitari pubblici e privati, ovvero di mister in comunicazione conseguito presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione se di durata meno equivalente, presso il Formez, la Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e altre Scuole pubbliche nonché presso strutture private aventi i requisiti di cui all’allegato B al presente regolamento”.
Un’altra parte della normativa (articoli 11, 12 e 13 della legge 150) è dedicata ai Piani di comunicazione delle pubbliche amministrazioni, da trasmettere al Dipartimento per l’informazione e l’editoria presso la Presidenza del Consiglio, che predispone un Piano annuale di comunicazione, approvato dal Consiglio dei ministri. Al Dipartimento è richiesto un parere preventivo sulla comunicazione pubblicitaria delle Amministrazioni statali.
Dopo l’entrata in vigore della legge 150/2000, i giornalisti della carta stampata, della tv, della radio, di internet e delle relazioni pubbliche non possono lavorare negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni. Le commistioni tra attività giornalistica e attività di ufficio stampa non sono lecite e tollerabili. L’articolo 9 (punto 4) della legge 150 pone un limite ineludibile e invalicabile (“I coordinatori e i componenti dell’ufficio stampa non possono esercitare, per tutta la durata dei relativi incarichi, attività professionali nei settori radiotelevisivo, del giornalismo, della stampa e delle relazioni pubbliche”).
In conclusione possiamo dire che l’Ufficio stampa ha l’obiettivo primario di curare nelle amministrazioni pubbliche il collegamento fra queste e i mezzi di comunicazione di massa. Quale struttura di carattere istituzionale per il soddisfacimento di interessi che appartengono alla comunità tutta dei cittadini la sua attività si ispira ai canoni deontologici della professione giornalistica e si caratterizza per il suo profilo operativo di entità che si conforma precipuamente alla logica ed ai principi della obiettività e della correttezza. In tal modo sintetizzata l’essenza del modus agendi dell’Ufficio stampa, come chiaramente desumibile dalla legge 150/2000 e dal Regolamento-Dpr 422/2001, il suo responsabile è vincolato nella sua azione da criteri di “trasparenza, chiarezza e tempestività”, e nel loro “massimo grado”, come recita testualmente il comma 3 dell’articolo 9 della legge 150. L’ordinamento (in particolare il comma 5 dell’articolo 2 del Dpr 477/2002), per quel che riguarda l’Ufficio Stampa, prefigura una struttura di carattere tecnico-istituzionale laddove attribuisce al suo responsabile compiti di promozione e di gestione di “iniziative editoriali di informazione istituzionale” con autonomia di ispirazione propositiva nel rispetto dei canoni di trasparenza e chiarezza. Le funzioni dell’ufficio stampa sono necessariamente organiche all’ente pubblico. La Corte dei Conti, sezione centrale giurisdizionale, definisce “le funzioni dell’ufficio stampa come funzioni necessariamente organiche all’ente pubblico, con ciò introducendo l’idea della necessità della previsione organica di un ufficio stampa in ogni ente pubblico che preveda per tale ufficio le funzioni “tipiche” di ufficio stampa. L’ufficio stampa, sostanziandosi essenzialmente nella funzione di comunicazione all’esterno dell’attività istituzionale dell’ente pubblico, risponde ad esigenze di carattere continuativo e deve, quindi, entrare nella previsione organica del soggetto alla cui attività esse si riferisce” (in Gianfranco Garancini, commento alla sentenza citata in OG-informazione, n. 4/5/6-dicembre 1997, pagine 24 e 25).
Per la figura del portavoce (art. 7 l. 150/2000) deve ritenersi senz’altro strutturale il carattere “fiduciario” della scelta del soggetto al quale il capo di una pubblica amministrazione o di un Ministero ritenga di dover affidare “intuitu personae” le incombenze di farsi portatore delle proprie valutazioni per le necessità personali di contatti e relazioni con riferimento alla cura degli affari affidati alla sua competenza nel contesto della pubblica amministrazione o del Ministero. Non appare sostenibile, con pari sicurezza, la medesima prospettazione argomentativa riguardo alla figura del capo dell’Ufficio stampa. Vengono al riguardo nessi in evidenza due profili di valutazione interpretativa che emergono dall’esame combinato di due precise e non equivoche disposizioni. Da una parte il già citato articolo 7: “L’organo di vertice dell’amministrazione pubblica può essere coadiuvato da un portavoce, anche esterno all’amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione”. L’opzione attribuita presuppone, nel suo esercizio, la individuazione personale di un soggetto che goda di stima, apprezzamento e credito sul piano dell’intesa e della condivisione di valori umani e professionali. Dall’altra l’articolo 9 della legge 150 del 2000, al comma 1 detta una disposizione di carattere generale indicativa della ispirazione della natura istituzionale degli uffici stampa. Tale comma stabilisce: “Le amministrazioni pubbliche ……….. possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa….”. La norma dà la possibilità alle “amministrazioni”, intese come strutture organizzative di settore, di enucleare nel proprio ambito appositi uffici da adibire ad attività indirizzata “ai mezzi di informazione di massa”.
La peculiarità della disposizione è da cogliere nell’inciso “anche in forma associata”. L’indirizzo è quello, evidentemente, di stimolare iniziative tendenti a mettere in comune le risorse umane e materiali da destinare alla “informazione”. La prospettiva della organizzazione di uffici stampa “in forma associata” implica il coinvolgimento delle strutture amministrative che intendano consorziarsi per la istituzione di un polo comune destinato all’informazione. Ma l’aspetto rilevante, è quello relativo al profilo tecnico-istituzionale che la legge attribuisce agli uffici stampa come organi che presiedono con criteri di “trasparenza, chiarezza e tempestività” alle attività di tramite informativo con la “stampa” in senso lato.

3.1. Uffici stampa: il nuovo comma 6 dell’articolo 7 del dlgs 165/2001 vuole soltanto giornalisti professionisti assunti come collaboratori coordinati e continuativi.
Regioni, Province, Comuni ed enti collegati (ad esempio, le Asl o gli ex-Iacp) si sono dotati negli ultimi anni di Uffici stampa per facilitare il rapporto tra le istituzioni territoriali e i cittadini oppure per curare pubblicazioni edite da queste istituzioni territoriali e dirette sempre ai cittadini. In tali strutture di comunicazione hanno trovato collocazione giornalisti professionisti (e pochi pubblicisti) regolarmente iscritti negli elenchi dell’Albo tenuto dagli Ordini regionali. Ai giornalisti “dipendenti” si applica esclusivamente il Contratto nazionale di lavoro giornalistico (Cnlg) reso efficace erga omnes dal Dpr n. 153/1961. Gli stessi devono essere obbligatoriamente assicurati con l’Inpgi ex articolo 76 della legge n. 388/2000. La tesi dell’Inpgi, che rivendica la contribuzione dei giornalisti dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, ha prevalso rispetto alla pretesa contraria dell’Inpdap, che si attribuiva il titolo alla stessa contribuzione per la natura del rapporto di pubblico impiego. II ministero del Lavoro, con la nota 24 settembre 2003 n. 9PP/80907/AG-V-180, ha, infatti, interpretato in tal senso la disposizione inserita nell’articolo 76 della legge 388/2000. La nota ministeriale afferma il principio che nel regime previdenziale Inpgi assume rilievo, ai fini dell’iscrizione, soltanto la natura giornalistica del rapporto di lavoro subordinato e non anche l’applicazione del Ccnl giornalistico come precedentemente previsto dal Dlgs 503/1992 (articolo 17, punto 3). Ne consegue che, dal 1° gennaio 2001, devono essere iscritti all’Inpgi, a prescindere dal Ccnl applicato, i giornalisti per i quali concorrano le seguenti condizioni: a) iscrizione all’albo dei giornalisti: registro praticanti, elenco professionisti ed elenco pubblicisti; b) svolgimento di attività lavorativa subordinata di natura giornalistica nell’ambito delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche.
Il ruolo e i compiti dell’addetto stampa delle Usl, ad esempio, sono stati fissati al punto 4 del Decreto ministeriale (del Ministro della sanità, ndr) 10 febbraio 1984 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 15 febbraio 1984 n. 45). Questo Decreto precisa che l’inquadramento (dell’addetto stampa o dell’addetto stampa coordinatore, ndr) nel relativo profilo professionale è subordinato all’iscrizione nell’Albo dell’Ordine dei Giornalisti. La Corte dei Conti della regione Sardegna, d’altra parte, ha riconosciuto che ( 8 giugno 1994 n. 262).
I giornalisti guadagnano il diritto di cittadinanza, in maniera ufficiale, negli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni. Si presenta, però, problematica l’applicazione dell’articolo 9 della legge n. 150/2000. La legge non parla di concorsi – via costituzionalmente obbligatoria per l’accesso nell’apparato statale – per l’assegnazione dei posti eventualmente disponibili, ma specifica che “negli uffici stampa l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti”. Il comma 5, infine, aggiunge: “Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
L’articolo 9 (comma 1) ammette, come riferito, da una parte che “le amministrazioni pubbliche possono dotarsi, anche in forma associata, di un ufficio stampa, la cui attività è in via prioritaria indirizzata ai mezzi di informazione di massa” per poi, dall’altra parte, affermare (comma 5) che i mezzi di finanziamento sono sostanzialmente inesistenti. L’istituzione degli uffici stampa diventa così una scelta discrezionale delle pubbliche amministrazioni.
La chiave di lettura del provvedimento legislativo e in particolare dell’articolo 9 è il decreto legislativo 29/1993 (oggi, come già riferito, inglobato nel Dlgs 165/2001). La dotazione di personale degli uffici stampa, dice l’articolo 9 (comma 2) della legge 150/2000, è costituita anche “da personale estraneo alla pubblica amministrazione utilizzato con le modalità di cui all’articolo 7, comma 6, del Dlgs n. 29/1993 (oggi 165/2001) nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna amministrazione per le medesime finalità”. Dalla lettura incrociata dei commi 2 e 5 si ricavano questi principi:
• “gli uffici stampa sono costituiti da personale iscritto all’Albo nazionale dei giornalisti”;
• il reclutamento dei giornalisti (“personale estraneo alla pubblica amministrazione”) avverrà secondo l’articolo 7, comma 6, del Dlgs n. 29/1993 (oggi dlgs 165/2001) “con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa”, in mancanza di concorso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato;
• le pubbliche amministrazioni daranno la priorità ai propri dipendenti in servizio e in possesso dei titoli “individuati dal regolamento” (iscrizione all’Albo dei giornalisti anche se sprovvisti di laurea).
Secondo l’articolo 7 (comma 6) del Dlgs 165/2001 (già dlgs 29/1993) così come sostituito dall’art. 46 (comma 1) del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 (convertito con la legge 133/2008), “Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;
b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti d’opera per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo o dei mestieri artigianali, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.
Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il secondo periodo dell’articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, è soppresso”.
Puntualizza il comma 6-bis: “Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione”.
Tradotto in parole povere, il nuovo comma 6 dell’articolo 7 significa che le pubbliche amministrazioni faranno ricorso a giornalisti professionisti, anche sprovvisti di laurea magistrale o quadriennale, ma di “maturata esperienza nel settore”, soltanto quando “non sia possibile reperire idonee professionalità all’interno dell’amministrazione” (Corte dei Conti, Sez. Contr., det. n. 78 del 09-06-1995).
Il nuovo comma 6 travolge gli articoli 3 e 5 del Dpr 422/2001 (Regolamento della legge 150/2000). L’articolo 5 del Dpr 422/2001 precisa che “il conferimento dell’incarico di responsabile dell’ufficio per le relazioni con il pubblico e di strutture assimilate e di capo ufficio stampa a soggetti estranei alla pubblica amministrazione è subordinato al possesso dei requisiti di cui ai precedenti articoli 2 e 3”. I requisiti sono l’iscrizione nell’Albo dei giornalisti e la laurea. L’articolo 3 del Dpr 422/2001 chiarisce i dubbi e aiuta a capire le figure di giornalisti, che troveranno una collocazione negli uffici stampa delle amministrazioni pubbliche. Dice l’articolo 3: “1. L’esercizio delle attività di informazione nell’ambito degli uffici stampa di cui all’articolo 9 della legge 7 giugno 2000, n.150, è subordinato, oltre al possesso dei titoli culturali previsti dai vigenti ordinamenti e disposizioni contrattuali in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, al possesso del requisito della iscrizione negli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti dell’albo nazionale dei giornalisti di cui all’articolo 26 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, per il personale che svolge funzioni di capo ufficio stampa, ad eccezione del personale di cui all’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n.18 e successive modificazioni (il riferimento è al Ministero degli Esteri, che, per legge, destina diplomatici al suo Ufficio stampa, ndr).
2. Il requisito dell’iscrizione all’albo nazionale dei giornalisti è altresì richiesto per il personale che, se l’organizzazione degli uffici lo prevede, coadiuva il capo ufficio stampa nell’esercizio delle funzioni istituzionali, anche nell’intrattenere rapporti diretti con la stampa e, in generale, con i media, ad eccezione del personale di cui all’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n.18 e successive modificazioni (Ufficio stampa del Ministero degli Esteri, come già riferito, ndr)..
3. Nessun requisito professionale specifico è richiesto per il personale addetto all’ufficio con mansioni non rientranti nelle previsioni di cui ai precedenti commi 1 e 2.
4. Le amministrazioni che hanno istituito un ufficio stampa provvedono, nell’ambito della potestà organizzativa prevista dal proprio ordinamento, ad adottare gli atti di organizzazione dell’ufficio in conformità alle disposizioni di cui ai precedenti commi”.
Il regolamento-dpr 422/2001, coordinato con il nuovo articolo 7 del dlgs 165/2001, pertanto configura questi scenari:
• degli uffici stampa potranno far parte soltanto i giornalisti professionisti, ma non i pubblicisti;
• i giornalisti professionisti, collaboratori coordinati e continuativi degli Uffici stampa, non dovranno possedere necessariamente un diploma di laurea, ma soltanto una “maturata esperienza nel settore”;
• le Regioni (ordinarie e a statuto speciale) e il Ministero degli Esteri non hanno alcun obbligo di applicare la legge 150/2000;
• il nuovo comma 6 dell’articolo 7 del dlgs 165/2001 e lo stesso articolo 9 della legge 150/2000 non prevedono l’assunzione come dipendenti dei giornalisti professionisti addetti agli uffici stampa. Il nuovo comma 6 vanifica il comma 5 dell’articolo 9 della legge 150, quando parla di “individuazione e regolamentazione dei profili professionali affidate alla contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti”.

3.2. La contrattazione in sede Aran stenta a decollare. La Fnsi esclusa dalle trattative per mancanza di rappresentanza in un comparto (Uffici stampa) che non esiste sul piano normativo.
L’articolo 51 (secondo comma) della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) “abroga le norme che disciplinano il procedimento di contrattazione collettiva in modo difforme da quanto previsto dalle disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni”. In sostanza, secondo l’articolo 43 del dlgs 165/2001, possono partecipare alle trattative i sindacati che abbiano una rappresentanza non inferiore al 5% degli addetti nel comparto (“L’Aran ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell’area una rappresentatività non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell’ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell’ambito considerato”). Per ora nelle pubbliche amministrazioni non esiste il comparto degli Uffici stampa, ma, ove esistesse, la Fnsi difficilmente potrebbe raggiungere la percentuale del 5 per cento, considerando che in questo nuovo comparto non opererebbero soltanto giornalisti. L’Aran, che rappresenta il Governo come datore di lavoro, ha convocato la Fnsi, dopo aspre polemiche, soltanto il 16 febbraio 2006 per discutere l’applicazione del contratto ai giornalisti impiegati negli Uffici stampa. Ci sono voluti più di tre anni, nove interrogazioni parlamentari, due direttive di Ministri della Funzione Pubblica ed una sentenza della magistratura del lavoro per avviare con l’Aran, l’Agenzia di contrattazione nel pubblico impiego, ciò che migliaia di giornalisti aspettavano in ottemperanza alla legge 150/2000. Cgil, Cisl e Uil non intendono, però, partecipare alle trattative, che così stentano a decollare. Il nuovo comma 6 dell’articolo 7 del dlgs 165/2001 aggiunge ora nuove difficoltà, parlando esclusivamente di contratti di collaborazione coordinata e continuativa nonché “di prestazione di natura temporanea e altamente qualificata”. “Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è – dice il comma 6 – causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti”.

3.3. L’inquadramento dei giornalisti degli Uffici stampa. Il nuovo comma 6 dell’articolo 7 del dlgs 165/2001 convive on una selva di leggi, commi e articoli, che lo smentiscono o “correggono”. Enti assimilati alla pubblica amministrazione dal comma 2 dell’articolo 1 del Dlgs n. 165/2001 (gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale) potrebbero prevedere nelle piante organiche gli uffici stampa e bandire di conseguenza concorsi per assumere (a tempo indeterminato e con il contratto Fnsi-Fieg) “personale iscritto all’Albo nazionale dei giornalisti”. In mancanza di piante organiche (che incorporino gli Uffici stampa) è possibile che le amministrazioni pubbliche (compresi Ministeri, Comuni, Province e Regioni) assumano i giornalisti con contratti a tempo determinato secondo questi scenari:
1. Alcune amministrazioni pubbliche possono stipulare contratti di assunzione piena, ma a termine, generalmente per la durata del mandato del ministro, del presidente della provincia o della regione, o del sindaco. Questa soluzione è facilitata, per i Comuni e le Province, dall’articolo 51 (5° comma) della legge n. 142/1990 sugli enti locali (“Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire”)..
2. I ministri, in base all’articolo 14 del dlgs 165/2001, possono assumere giornalisti destinati agli uffici stampa dei dicasteri come “collaboratori, con contratti a tempo determinato, disciplinati dalle norme di diritto privato” oppure come “esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa”.
3. Regioni ed enti locali sono aiutati da una norma presente nel comma 10 dell’articolo 1 della legge 549/1995, il quale, nell’ultima alinea del suo disposto, prevede, infatti, che le regioni e gli enti locali “possono conferire, al di fuori delle vigenti piante organiche, incarichi di funzioni dirigenziali di livello generale ovvero apicale”.
Tutto ciò appare ragionevole, ma si potrebbe anche sostenere che il nuovo comma 6, regolando la stessa materia, abbia abolito di fatto le vecchie disposizioni, che consentono gli aggiramenti. La volontà del Parlamento è esplicita e chiara e non lascia spazio agli aggiramenti.

APPENDICE
D.Lgs. 30-3-2001 n. 165. Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 maggio 2001, n. 106, S.O.)
Articolo 7. Gestione delle risorse umane. (Art. 7 del D.Lgs. n. 29 del 1993, come sostituito prima dall’art. 5 del D.Lgs. n. 546 del 1993 e poi modificato dall’art. 3 del D.Lgs. n. 387 del 1998)
1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l’accesso al lavoro ed il trattamento sul lavoro.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l’autonomia professionale nello svolgimento dell’attività didattica, scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell’impiego flessibile del personale, purché compatibile con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l’aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche dirigenziali, garantendo altresì l’adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere della pubblica amministrazione.
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni effettivamente rese.
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o coordinata e continuativa, ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, in presenza dei seguenti presupposti di legittimità:
a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite dall’ordinamento all’amministrazione conferente, ad obiettivi e progetti specifici e determinati e deve risultare coerente con le esigenze di funzionalità dell’amministrazione conferente;
b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Si prescinde dal requisito della comprovata specializzazione universitaria in caso di stipulazione di contratti d’opera per attività che debbano essere svolte da professionisti iscritti in ordini o albi o con soggetti che operino nel campo dell’arte, dello spettacolo o dei mestieri artigianali, ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore.
Il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa per lo svolgimento di funzioni ordinarie o l’utilizzo dei collaboratori come lavoratori subordinati è causa di responsabilità amministrativa per il dirigente che ha stipulato i contratti. Il secondo periodo dell’articolo 1, comma 9, del decreto-legge 12 luglio 2004, n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2004, n. 191, è soppresso (12).
6-bis. Le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di collaborazione (13).
6-ter. I regolamenti di cui all’articolo 110, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si adeguano ai principi di cui al comma 6 (14).
6-quater. Le disposizioni di cui ai commi 6, 6-bis e 6-ter non si applicano ai componenti degli organismi di controllo interno e dei nuclei di valutazione, nonché degli organismi operanti per le finalità di cui all’articolo 1, comma 5, della legge 17 maggio 1999, n. 144 (15) (16).
——————————————————————————–
NOTE
(12) L’originario comma 6 era stato sostituito, con i commi 6, 6-bis e 6-ter dall’art. 13, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Successivamente l’art. 32, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione, ha, nuovamente disposto la sostituzione del citato comma 6 con gli attuali commi 6, 6-bis e 6-ter. Infine, il citato comma 6 è stato ulteriormente così sostituito dall’art. 46, comma 1, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, come modificato dalla relativa legge di conversione.
(13) L’originario comma 6 era stato sostituito, con i commi 6, 6-bis e 6-ter dall’art. 13, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Successivamente l’art. 32, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione, ha, nuovamente disposto la sostituzione del citato comma 6 con gli attuali commi 6, 6-bis e 6-ter. Con Comunicato 28 novembre 2006 (Gazz. Uff. 28 novembre 2006, n. 277) il Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione ha reso noto di aver pubblicato sul proprio sito internet l’avviso concernente l’aggiornamento della procedura comparativa prevista dal presente comma.
(14) L’originario comma 6 era stato sostituito, con i commi 6, 6-bis e 6-ter dall’art. 13, D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, soppresso dalla relativa legge di conversione. Successivamente l’art. 32, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, come modificato dalla relativa legge di conversione, ha, nuovamente disposto la sostituzione del citato comma 6 con gli attuali commi 6, 6-bis e 6-ter.
(15) Comma aggiunto dal comma 77 dell’art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244.
(16) In deroga a quanto disposto dal presente articolo vedi l’art. 1, O.P.C.M. 10 giugno 2008, n. 3682.

Milano, 1 settembre 2008

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