La Commissione UE ha chiesto nei giorni scorsi agli Stati che hanno già pianificato l’assegnazione delle frequenze per le trasmissioni tv terrestri in digitale di destinare allo sviluppo della banda larga senza fili di ultima generazione il dividendo tra 790 e 862 MHz.
Se ciò non significa, come ha spiegato Bruxelles, che detto segmento dello spettro radioelettrico debba da subito essere destinato alle più recenti tecnologie per internet wi-fi (Lte e Wimax, per intenderci), è pur sempre stato fatto capire che è bene che le nazioni europee si organizzino in tal senso. Quindi, un invito più simile ad un avvertimento, quello dell’UE, che ha in animo di proporre la destinazione del citato range di frequenze allo sviluppo dei servizi web wireless già nel prossimo programma strategico in materia di spettro radio. La richiesta di banda per veicolare streaming audio-video di alta qualita’ on demand verso telefoni cellulari, smartphone e apparecchi simili senza black-out in movimento è infatti sempre maggiore e siccome lo spettro elettromagnetico è una risorsa finita, da qualche parte occorre sottrarre per aumentare dall’altra. E, del resto, la banda a 800 MHz ha il vantaggio di comportare un risparmio concreto del 70% in infrastrutture per gli operatori dei servizi mobili, date le migliori prestazioni dei trasmettitori (a causa della propagazione del segnale) rispetto all’UMTS di terza generazione. La notizia potrà però cogliere impreparati gli sprovveduti o i male informati, perché non è certamente una novità: da anni, infatti, si sa che la banda a 800 MHz è prenotata dai servizi web-mobile. Così non stupisce che i rischiosi canali corrispondenti al segmento 790-862 MHz (dal 61 al 69 UHF) siano tutti finiti (nelle aree già migrate al DTT) o finiranno (nelle regioni di prossimo switch-off) alle tv locali. Ubi maior minor cessat, del resto. E anche questa non è una novità. (A.M. per NL)