Parlamentari nazionali, europei ed esperti hanno esaminato nei giorni scorsi la situazione in merito all’attuazione della direttiva che sancisce il riconoscimento delle qualifiche professionali e discusso delle modifiche della direttiva che risale al 2005, per renderla più efficace.
Il testo, approvato nel 2005, specifica le norme di validità all’estero per 800 tipi diversi di professioni (in Europa ne esistono 4600), e sancisce il riconoscimento automatico per sette di esse. Ma a cinque anni di distanza, sono ancora molti gli ostacoli da superare. Per la Commissione europea, il problema maggiore risiede nella lentezza con cui gli Stati membri hanno trasposto la direttiva nella legislazione nazionale, nella reticenza ad accogliere professionisti da altri paesi UE, e nella mancata applicazione di alcune delle norme previste. Fra i rappresentanti nazionali, molti hanno puntato il dito sulla questione della salute pubblica, la sicurezza e la protezione dei consumatori come ostacolo alla libera circolazione dei professionisti, mentre altri hanno messo in evidenza lo scoglio delle lingue: molti Stati non hanno istituito un esame per verificare le competenze dei candidati, nonostante le prescrizioni della Direttiva. Un altro punto è la mancanza di standard comuni nella formazione. Mentre le qualifiche professionali sono sottoposte a un sistema di mutuo riconoscimento, non avviene lo stesso per i titoli di studio. I partecipanti hanno proposto anche la creazione di "carte professionali" europee, che permetterebbero di ridurre il fardello burocratico a carico degli interessati. La Commissione europea ha presentato un documento di lavoro in settembre, sulla base del quali stilerà una revisione della Direttiva. Nel 2012 dovrebbe proporre una nuova proposta di legge: per questo, il dibattito è già iniziato in Parlamento, e a fine anno si aprirà una fase di consultazione rivolta ai professionisti, ai datori di lavoro e ai consumatori. (Europa Regioni)