Il Governo avrà due mesi di tempo per intervenire sulla Legge Gasparri; in caso contrario, la Commissione europea avvierà la procedura d’infrazione vera e propria. La lettera di messa in mora inviata la scorsa settimana, infatti, rappresenta solo il primo passo formale di un iter alquanto articolato con cui vengono richiesti al governo destinatario ulteriori informazioni e parei. La Gasparri, quindi, va cambiata e adeguata alle direttive Ue. Le contestazioni sollevate in sede europea riguardano, in sostanza, tre punti fondamentali: la possibilità di sperimentare il digitale e di creare reti per il trasporto del segnale esclusivamente per i soggetti già operanti in analogico (e la conseguente preclusione per quelli che non operano in tale modalità); la questione legata al c.d. trading delle frequenze (che si traduce, in pratica, in una corsa, da parte di alcun i operatori, all’accaparramento delle frequenze con conseguente compressione della concorrenza); l’occupazione, sino allo switch-off, delle frequenze analogiche ad opera dei maggiori competitors (che in tal modo godranno di un periodo più lungo di simulcast). Il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha sottolineato la piena disponibilità del Governo nel predisporre chiarimenti nei tempi previsti in merito a tutte le richieste avanzate da Bruxelles. Di diverso avviso, naturalmente, Maurizio Gasparri, “autore” della legge finita sotto accusa. Per Gasparri, infatti, la l. 112 avrebbe aperto il mercato, consentendo a nuovi soggetti (come, ad esempio, Dfree, il Gruppo Espresso e l’operatore telefonico 3) di fare ingresso nel settore televisivo e di essere presenti nell’ambito del digitale terrestre). Tutto regolare – per l’ex Ministro delle comunicazioni – anche con riferimento al trading delle frequenze, un meccanismo (peraltro, non certamente introdotto dalla Gasparri, traendo origine dalla L. 66/01, legge, molto criticata, del Centro-Sinistra) che ha sempre condotto ad operazioni approvate dall’Antitrust. (Vito Scelsi per NL)