Il Tv è il device più presente dopo lo smartphone: al punto da essere il crocevia per eccellenza nelle case per la veicolazione di contenuti eterogenei (con tanto di guerra in corso tra i principali produttori, Samsung in testa, e i provider IP).
Tuttavia, secondo l’ultima analisi targata Gfk, tra gennaio e luglio di quest’anno la vendita dei televisori in Italia è calata del 10% rispetto al medesimo periodo del 2016.
Nel 2015 si era registrato un -12,2%, l’anno successivo, complici i Campionati Europei di calcio che solitamente incentivano il consumo nel settore, un incoraggiante +3,7%. Lo stesso istituto di ricerca qualche mese fa aveva pubblicato una previsione di mercato che prevedeva un incremento in Europa degli acquisti del segmento Ultra Hd dal 23% del 2016 al 30% del 2017.
I dati, però, non sono in contrasto fra loro, perché la tendenza al ribasso riguarda solo la quantità di apparecchi venduti e non la spesa. In altri termini, vengono comprati meno televisori ma si spende molto di più per modelli di ultima generazione.
Con l’entrata prepotente nel mercato dei 4K (peraltro tecnologia già adulta, essendo stato proposto il 5k), ad esempio, il prezzo medio per prodotto è passato dai 364 euro del 2016 ai 370 euro di quest’anno. “L’apparecchio tv tradizionale continua a mantenere il primato tra gli schermi con cui consumare contenuti televisivi: secondo i dati dell’Osservatorio sul 2016 – ha spiegato a La Repubblica Romana Andò, coordinatrice dell’Osservatorio Socialtv – il 74 per cento del campione usa sempre o spesso la tv principale dell’abitazione, soprattutto per tempi di visione che superano l’ora. Non va sottovalutata, infine, la presenza di schermi che garantiscono una condivisione più elettiva, con parenti, amici, compagni o persino sconosciuti ai quali, però, ci unisce la passione per un determinato contenuto. Ricreando così un focolare attorno al quale trovarsi non necessariamente in presenza, ma altrettanto coinvolgente”.
Sebbene ad oggi appare impensabile una casa senza un televisore, i metodi di fruizione degli utenti si stanno dirigendo anche verso nuovi modelli di business. Si prenda il caso dei servizi streaming con i contenuti distribuiti su tablet, pc e smartphone godibili anche lontano dal proprio salotto. Proprio i giganti del video on demand, Netflix e Chili in primis (ma presto, probabilmente, anche Facebook e altri social network) stanno sfruttando le esigenze di un pubblico sempre più dinamico e in movimento con metodi di consumo assai diversificati. Il binge watching, fino a pochi anni fa impensabile sia a livello sociologico che tecnologico, ha messo in luce la necessità di modelli distributivi lontani da quelli tradizionali.
“Le pratiche del pubblico più attivo – ha spiegato Andò – hanno di fatto anticipato le strategie poi attuate dai maggiori distributori, che stanno trasformando un fenomeno di nicchia in pratiche diffuse. Penso al caso dell’ultima stagione di serie di successo che Sky ha dovuto mettere in onda in contemporanea mondiale, per evitare lo streaming pirata”.
In questo senso la Smart Tv, coniugando allo stesso tempo le caratteristiche di un computer e di un televisore, rappresenta un ottimo compromesso perché permette l’accesso alle applicazioni dei big dello streaming senza tuttavia soppiantare i canali e le emittenti.
D’altra parte, c’è un limite invalicabile da parte degli altri device connessi al web che salva l’apparecchio tv e ne garantisce il futuro: la dimensione. Nessuno è disposto a vedere film, sport e spettacoli ad alta attrattività su piccoli e scomodi schermi (ci avevano provato in passato con il DVB-H ed abbiamo visto com’è finita quella disastrosa avventura).
Almeno fino alla Olo Tv (la tv olografica). Già brevettata, tanto per cambiare, da Samsung. (M.R. per NL)