Editori radio-tv, avete una denominazione che non richiama il contenuto? Il vostro palinsesto è statico? L’affollamento pubblicitario è superiore al 15-20%?
Prego, andare: non fate per gli OTT del web.
Viceversa, se il vostro brand è accattivante e identificativo del format; se i programmi sono originali e godono di un upgrade non inferiore al 20-25% mensile; se il tetto pubblicitario è idealmente compreso tra il 10 ed il 15%, i giganti dello streaming audio/video potrebbero valutare di ospitarvi sulle proprie piattaforme, retrocedendovi una quota del 50% o più dei ricavi dalla pubblicità programmatica veicolata. Nelle vostre trasmissioni, beninteso.
Il nuovo business
Torniamo a parlare di un argomento molto attuale, lo scouting di prodotti audio/video di terze parti da integrare nell’offerta lineare delle grandi piattaforme di streaming a/v on demand.
In breve, i gestori di piattaforme streaming con offerta integrata stanno selezionando contenuti di spessore per rafforzare ed ampliare i cataloghi.
Perché accade?
Perché accade? E, soprattutto, che effetti può avere ciò dal punto di vista strategico ed economico per i fornitori di servizi di media?
Sintesi
I gestori delle grandi piattaforme audio/video mondiali hanno un’offerta propria integrata sui propri televisori e stanno effettuando operazioni di scouting per procedere all’integrazione della loro offerta FAST (Free ad-supported streaming television) con contenuti lineari di terze parti.
Appeal
“Di alta appetibilità sono valutati soprattutto quelli musicali verticali, quelli sportivi tematici e quelli di approfondimento informativo”, spiega Gloria Siri, analista che in Consultmedia, principale struttura italiana di competenze a più livelli in ambito mediatico, sta seguendo diverse procedure di questo tipo.
Le motivazioni
“Le ragioni dell’integrazione sono essenzialmente due: aumentare il catalogo delle proprie piattaforme (quindi l’offerta) e puntare al promettente mercato della digital tv adv.
Il contenuto…
Il contenuto integrabile deve essere, naturalmente, di qualità, possibilmente verticale e, se non inedito, almeno poco diffuso, di modo da evitare duplicazioni.
… se non inedito, almeno poco edito
Non quindi prodotti già presenti sul digitale terrestre nazionale, ma al più con una limitata presenza via etere (per esempio su mux areali o addirittura solo streaming), che possano indurre a costituire, per quanto possibile, una novità per le piattaforme OTT delle smart tv.
Integrazione
Che così li potranno integrare nella propria offerta”, precisa il consulente.
Il setaccio
“Il primo elemento valutato nel generalmente esteso processo di scouting (da 6 a 12 mesi) è il nome del canale. Infatti, se esso non è rappresentativo del contenuto, non se ne fa nulla”, sottolinea Siri.
L’importanza di chiamarsi Ernesto
Si accentua quindi la necessità che il contenuto di un prodotto editoriale audio/video sia immediatamente riconoscibile dal suo identificativo.
Esigenza diffusa
Un’esigenza che integra quella di essere rapidamente individuabile nelle liste delle autoradio DAB (sintomatico l’impiego degli alias suggerito da WorldDAB e già portato in evidenza da questo periodico nel 2021), negli aggregatori di flussi streaming audio, negli hub delle smart tv, nei play store.
FAST scouting
E, come detto, anche le piattaforme OTT valutano l’integrazione di nuovi canali nelle piattaforme FAST (bouquet di contenuti lineari streaming gratuiti supportati da pubblicità) partendo dai nomi.
Effetti economici
Inevitabile che ciò abbia effetti di natura economica sul valore di brand strategici.
Il primo filtro
“I decisori delle piattaforme OTT che aprono ai prodotti live esterni sono concordi: l’utente quando scorre le liste si ferma essenzialmente in conseguenza del nome.
Nome dissociato al contenuto? Prego andare
E il patto di fiducia tacito con l’utente è vincolante: all’identificativo deve corrispondere il contenuto evocato. Altrimenti piattaforma e contenuto saranno bannati perché considerati inaffidabili”, continua Gloria Siri.
Palinsesto dinamico
Il secondo elemento valutato è il dinamismo del palinsesto.
No ai layout statici
“Il mancato aggiornamento per una quota inferiore al 20% su scala mensile è considerato sintomo di contenuti stancanti medio tempore o comunque di un layout statico e quindi disallineato all’incessante richiesta di innovazione degli utenti radio-tv moderni“, puntualizza l’esponente di Consultmedia.
Tetto pubblicitario…
Il terzo elemento è il tetto pubblicitario.
Programmatic
“Quanto più basso possibile, ma fino ad un livello sufficiente per l’inserimento della digital a/v, ovviamente con la formula programmatica”, sottolinea sul punto Siri.
… formale…
Scordatevi quindi le soglie fissate dal Testo Unico per la fornitura di Servizi di Media Audiovisivi.
… ed accettato
O almeno scordatevi quelli delle emittenti commerciali e provate piuttosto a ragionare su quelli delle comunitarie: l’ideale, infatti, è tra il 10% ed il 17%, ben lontano quindi dal 25%, tetto delle radio locali commerciali nella fascia 06:00/18:00 e 18:00/24:00 (20% per le nazionali).
La retrocessione
Ecco, se la vostra offerta è allineata agli indicatori suddetti, allora si può discutere di una retrocessione fino al 60% della pubblicità programmatica, inserita nei cluster pubblicitari dei vostri contenuti.
La tendenza
Lo scouting degli OTT FAST è l’ultima conseguenza di una tendenza su cui, da anni, puntiamo i riflettori, sollecitando gli editori sul fatto che l’importanza strategica degli asset radiofonici si è ormai spostata verso i contenuti ed i relativi brand.
Nomen omen
In particolare quelli cosiddetti nomen omen, cioè che identificano il contenuto col nome stesso. Un presidio in grado di intercettare più facilmente il pubblico di riferimento nell’ambito di un’offerta sempre più vasta e destinata ad aumentare progressivamente con il consolidamento delle piattaforme digitali.
Gli esperti di content scouting
La questione è analizzata sempre grazie ad altri analisti di Consultmedia, come detto scouter di contenuti italiani integrabili per conto di alcune piattaforme OTT.
Aule liberate. E rioccupate
Che, incidentalmente, ci spiegano come, mentre le aule dei tribunali ordinari si siano liberate da editori in lotta per il pre-uso delle proprie frequenze FM, le medesime stanze abbiano iniziato ad essere sempre più frequentate dagli stessi operatori che, ora, litigano per marchi e format.
Trading in nuce
Su cui si sta già sviluppando un interessante trading.
Marchi asset principali
“Nulla di inaspettato, almeno per noi“, spiega l’avvocato Stefano Cionini, senior partner di Consultmedia e cofounder della law firm specialistica MCL Avvocati Associati.
Alert per tempo
“Da anni – svolgendo anche attività di scouting per conto di piattaforme OTT che vogliono integrare contenuti terzi nell’offerta FAST – stiamo avvertendo i nostri clienti dell’importanza di spostare l’attenzione sui marchi (il brand), che, insieme al layout editoriale, si avviano ad essere gli asset più importanti del mezzo radiofonico a livello patrimoniale.
Autoidentificativi
In particolare quelli nomen omen, cioè identificativi di per se stessi del contenuto”, spiega il legale.
A parità di distribuzione, la differenza la fanno prima di tutto i marchi. Soprattutto quelli nomen omen
“Inevitabile, in un sistema sempre più livellato quanto a distribuzione, dove la potenza o la pulizia del segnale non fanno più la differenza tra una stazione e l’altra.
Indicatori
Come del resto si sta assistendo in questi ultimi mesi analizzando i dati d’ascolto.
Il digitale livella
In streaming tutte le radio sono potenzialmente ricevibili allo stesso modo e, successivamente alle attribuzioni dei diritti d’uso, anche in DAB+ sarà una condizione tipica.
Sovrapposizioni
Tanto più che l’estensione territoriale sarà sempre più frequente, con conseguente aumento dell’offerta radiofonica e scontata sovrapposizione d’insegne simili, argomento su cui vorrei tornare più avanti.
Ai marchi il compito di “fermare” gli utenti nella selezione
La differenza, pertanto, la fa (e la farà sempre di più) il contenuto, e prima di esso il nome, in quanto l’utente preliminarmente dovrà scegliere la stazione, in una lista indifferenziata, partendo dai marchi che la compongono.
Marchi rappresentativi del format
Più i marchi saranno rappresentativi del format (regola del nomen omen, ndr), più alta sarà la probabilità di intercettare utenza.
Al contenuto quello di “trattenere” gli ascoltatori
Poi, al contenuto, spetterà il compito di trattenere l’ascoltare. Ma prima di tutto si passerà dal nome.
Tutela industriale
Per questo motivo, ormai da 5 anni, in Consultmedia abbiamo creato una task force dedicata alla tutela della proprietà industriale di brand radiotelevisivi. Area di intervento che ha conseguito una certa esperienza, soprattutto a riguardo della difendibilità dei cosiddetti “marchi deboli”.
Perché il marchio debole è più importante di quello forte
E ciò proprio perché la sempre più importante regola del nomen omen si fonda, per sua natura, su parole o segni che fanno capire di quale prodotto o servizio si tratta (al contrario dei “marchi forti” privi di legame coi prodotti che contraddistinguono).
Aumento del contenzioso in corso da due anni…
L’intensificazione di questa tendenza, ha portato, soprattutto negli ultimi due anni, ad un aumento rilevante del contenzioso giudiziario.
… pronto ad esplodere entro due
Tendenza che riteniamo esploderà letteralmente nei prossimi due anni, creando, come per le frequenze, figure tecniche ultraspecialistiche (non basta essere esperti di proprietà industriale, occorre esserlo nel segmento specifico, che ha regole singolari).
Cause fondate e temerarie
Per questo, come riconosciuta prima struttura italiana di competenze a più livelli in ambito mediatico, stiamo assistendo le emittenti clienti sin dalla fase iniziale, a partire dalla scelta del brand, sino alla sua registrazione.
Tutela verso sfruttamenti illeciti
Per poi procedere nella tutela verso sfruttamenti illeciti (o, in qualche caso, di pretese inibitorie infondate).
Determinazione del valore
Fino a giungere alla valorizzazione economica, con perizie estimative dedicate.
Come per l’accertamento del valore degli impianti FM
Le quali, come accaduto per quanto riguarda l’accertamento del valore delle frequenze (il metodo Consultmedia adottato dall’Agenzia delle entrate), si stanno affermando come attestazioni fondate su calcoli e analisi di valore scientifico”, conclude l’avvocato Cionini.
1°: tutelare il proprio marchio
Come procedere quindi?
“Per prima cosa, pertanto, si dovrà avere cura di registrare i propri marchi (tenendo a mente la durata decennale decorrente dalla data di deposito della domanda di registrazione)”, spiega Alessio Negretti, giurista esperto di copyright applicato a Consultmedia.
Protezione rafforzata
“E ciò anche per usufruire di una protezione rafforzata rispetto a quella genericamente offerta dal marchio di fatto, unitamente ai domini internet ad esso riferibili”, continua Negretti.
2°: definire il format
Più complessa, invece, la tutela delle componenti del prodotto radiotelevisivo nel suo complesso (cd. format).
D.O.R.
“A riguardo, è opportuno informare in merito alla possibilità di depositare opere radiotelevisive al fine di tutelare i diritti d’autore da esse derivanti e, eventualmente, ricevere compensi per il loro sfruttamento da parte di terzi”, sottolinea l’esperto di proprietà intellettuale.
Contenziosi
“Tale opportunità risulta di stretta attualità, sia in considerazione dell’ampio numero di contenziosi in relazione alla paternità di opere diffuse sui media radiofonici e televisivi, sia per l’ingresso nel mercato di nuove emittenti…
Occhio agli scippatori
…che potrebbero sfruttare format o programmi già diffusi ma non depositati”, conclude Negretti. (segue per abbonati NL/SIT). (E.G. per NL)