Tv, USA. Crisi CNN: quando essere sulla notizia non basta più

Parlando di CNN, a molti tornano in mente le mitiche trasmissioni in diretta, dalla guerra del Golfo agli attentati dell’11 settembre passando per tutti gli avvenimenti drammatici che hanno segnato nel bene e nel male gli ultimi vent’anni di storia.

Un marchio che si è impresso nell’immaginario collettivo, un modello da seguire per tante altre emittenti che hanno cercato di riprodurne il successo adottando la formula “all news”. Da tempo però CNN era in crisi di popolarità, superata dalle rivali Fox News e MSNBC. Alcuni dei nomi più noti e prestigiosi se ne erano andati, come l’opinionista Larry King, o erano approdati ad altri lidi, come l’anchorwoman Christiane Amanpour, facendo presagire l’imminente naufragio. Ora è stato messo alla porta nientemeno che il presidente Jonathan Klein. E in molti hanno interpretato l’evento come un sintomo del definitivo declino di quel modo di fare informazione televisiva di cui lo stesso Klein era considerato un valido esponente, anche a dispetto delle sue ultime scelte, operate nel disperato tentativo di recuperare il crollo degli ascolti. In sintesi: fatti separati dalle opinioni, orientamento politico imparziale, molta razionalità e poca tensione emotiva. Tutto il contrario dei concorrenti, che puntano le loro carte proprio sulla spettacolarizzazione del conflitto politico e mettono in scena una narrazione della realtà ostentatamente di parte. E a quanto pare il meccanismo funziona, visti gli ascolti. Che in USA rappresentano il dato fondamentale su cui si giocano i destini di direttori, conduttori e giornalisti. L’imparzialità e l’approfondimento evidentemente non pagano più, in un mondo dai meccanismi forse troppo complessi. Il pubblico dei media è disorientato e va alla ricerca non solo di informazioni attendibili e “in diretta”, ma anche di una guida che sia in grado di mettere ordine nel caos. La semplificazione e banalizzazione del reale è gradita perché rassicurante, mentre la versione “orientata” delle notizie rafforza la sensazione di appartenere a una comunità con una visione del mondo condivisa e socialmente “accettabile”. Questo modo di fare informazione, che peraltro ben si attaglia alle caratteristiche comunicative del medium-TV, è ovviamente inconciliabile con la concezione storica dei mass-media come strumenti democratici di “servizio pubblico”. Un principio che si è estrinsecato in Europa con le grandi TV “nazionali” e negli USA attraverso le più prestigiose testate giornalistiche indipendenti, di cui la CNN è stata autorevole incarnazione televisiva. Il ventunesimo secolo sta però cambiando le carte in tavola. Il prevalere della logica commerciale e l’influenza dei grandi gruppi di potere economico, che hanno interesse a sostenere ora l’uno ora l’altro movimento politico, sta trasformando il mondo della comunicazione televisiva in una potente macchina narrativa, a scopo di creazione e manipolazione del consenso. La battaglia, ormai sostanzialmente conclusa nei media tradizionali, è appena iniziata su internet, ultima frontiera di chi ancora crede nel valore di un’informazione non preconfezionata. (E.D. per NL)

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