Un direttiva europea impone agli stati membri di liberare le frequenze 694-790 MHz entro giugno 2020 per favorire la banda larga. Come conseguenza, si prospettano forti ripercussioni sul mercato televisivo e sull’affluenza di utenti verso lo streaming.
Un comunicato diramato oggi dalla commissione europea, annuncia la direttiva che impone a “tutti gli Stati membri” di liberare “la banda dei 700 MHz” al fine di assegnarla “alla banda larga senza fili entro il 30 giugno 2020”, questo per favorire il lancio del 5G previsto proprio per quell’anno. Il comunicato evidenzia dunque le tappe da seguire per raggiungere il risultato, a cominciare dal 30 giugno 2017, data entro la quale gli stati dell’unione “dovranno adottare e rendere pubblico un piano nazionale finalizzato ad assicurare la copertura della rete e a liberare la banda dei 700 MHz”. Entro la fine dello stesso anno, dovranno inoltre finalizzare gli accordi per evitare le interferenze. Prima di oggi, il termine per raggiungere l’obbiettivo era fissato sempre al 2020, ma erano previsti uno o due anni di tolleranza (che ora si limita a giugno 2020), segno che l’unione europea ha intenzione di schiacciare sull’acceleratore per non arrivare in ritardo. A seguito del processo, le frequenze 694-790 MHz saranno messe a disposizione dei servizi a banda larga senza fili, necessarie per portare l’internet ad alta velocità anche nelle zone remote e a predisporre la base tecnica per i servizi del futuro come auto connesse o e-health. Questo, per agevolare la crescita del tanto discusso internet delle cose, la possibile evoluzione della rete nel futuro, in grado di connettere fra loro oggetti e dispositivi di qualsiasi genere, anche se non nativi digitali. Questa decisione ha ovviamente delle conseguenze nel mondo televisivo. In primo luogo, la ovvia spinta verso le tv in streaming che potranno godere di maggiore competitività. Operatori come Netflix, che offrono servizi affamati di banda, sicuramente non aspettano altro che l’arrivo delle connessioni ad alta velocità in ogni angolo del continente per poter allargare il proprio mercato potenziale. Attenzione, inoltre, ai servizi di live streaming offerti dalle emittenti classiche: c’è infatti il rischio che questi finiscano per cannibalizzare gli ascolti generati dalla cara vecchia televisione, visto il successo crescente che ottengono (e al quale si è dovuta arrende persino Mediaset), in particolar modo nel comparto mobile. Per quello che riguarda l’Italia, invece, si crea una situazione se non altro interessante. Nella banda oggetto della direttiva si trovano 9 multiplex (di cui 6 nazionali) che dovrebbero cercarsi una nuova sistemazione. Causa dell’assenza di spazio, diventa impensabile proporre una migrazione in simulcast verso lo standard DVB-T2, per l’avvio del quale l’unica alternativa rimarrebbe un nuovo switch-off, stavolta del DVB-T. Probabilmente questo porterà alla morte del DVB-T2 (finito prima ancora di iniziare) visto che difficilmente qualcuno prenderà in considerazione questa possibilità. Infine, lo stesso problema si pone davanti alla possibilità di offrire un incremento di qualità come HDR e 4k: da questo punto di vista, probabilmente, la direttiva finirà per fare l’occhiolino al satellite che potrà fregiarsi del titolo di unica piattaforma, oltre a quelle online, a poter fornire questi standard. Si può presumere che il tutto, porterà ad un’ulteriore crescita dei consumi online e soprattutto uno spostamento su questa piattaforma di molti servizi delle tv digitali (se non altro per poter fornire una qualità concorrente). (E.V. per NL)