E’ in atto una vera e propria rivoluzione organica e strategica in Telecom Italia, dove Telefonica ha azzerato la partecipazione mentre il consiglio di amministrazione ha approvato a maggioranza l’uscita dell’ad, Flavio Cattaneo, dal gruppo, che sarà effettiva dal 28 luglio dopo l’approvazione dei risultati del primo semestre 2017 (l’accordo prevede il pagamento di una buonuscita da 25 mln di euro, di cui 2,1 sono relativi a un patto di non concorrenza della durata di un anno).
Il board ha quindi avviato il piano per la ricerca del successore di Cattaneo in qualità di amministratore delegato, che dovrebbe essere definito nel cda di domani (27 luglio), convocato anche per l’esame della trimestrale.
Il nuovo assetto di governance prevede un triumvirato con la conferma di Arnaud De Puyfontaine alla presidenza, l’arrivo di Amos Genish (chief convergence officer di Vivendi) come direttore generale con ampi poteri, mentre al vicepresidente, Giuseppe Recchi, andrebbe la carica di ad, con le delicate deleghe su security e Sparkle.
Con l’uscita di scena di Cattaneo in predicato di lasciare la società sono anche alcuni manager di prima linea che facevano parte della squadra dell’ad e che erano entrati in azienda subito dopo la sua nomina.
Telecom ha annunciato che ora si apre una seconda fase del piano di rilancio aziendale, che proseguirà verso gli obiettivi prefissati da Cattaneo, primo fra tutti il piano fibra. Congelato, a quanto pare, il progetto Cassiopea per la fibra nelle aree bianche lanciato lo scorso marzo, lo stesso piano che ha aperto il dissidio tra la società e il governo, il cda ha anche esaminato una proposta di joint venture con Canal+, la pay-tv di Vivendi, per creare dei contenuti da offrire in esclusiva ai clienti di Telecom Italia.
Un progetto che ricorda quello un tempo ipotizzato con Mediaset Premium e che potrebbe essere utile a partecipare alla gara sui diritti della Serie A di calcio, slittata in autunno.
Il progetto è ancora in fase di studio, ma i contorni di quella che potrebbe diventare la Canal+ italiana sembrano delineati.
L’obiettivo di Vivendi è creare un grande gruppo dell’Europa meridionale in cui convergano contenuti e tlc.
Secondo quanto si apprende, a conferma di quanto riportato oggi da Les Echos, “Canale+” dovrebbe essere il nome del nuovo canale premium italiano. Tim avrà la maggioranza della joint venture, mentre alla pay-tv del gruppo Vivendi andrà una quota di minoranza.
“Il progetto è ancora in una fase embrionale e dovrà passare al vaglio del comitato interno con la procedura delle operazioni con le parti correlate”, ha detto una fonte vicina alla situazione, “ma la proposta passa attraverso la creazione di una società mista, in cui Tim avrà la maggioranza e che prevede una serie di attività, tra cui quella televisiva”. Qualcosa in più si saprà forse il 27/07 quando la proposta fatta dal Canal+ dovrebbe arrivare sul tavolo del cda di Tim.
Invece lo stop al progetto Cassiopea non ha impatti significativi sulle stime degli analisti. I target di copertura in fibra ritornano quelli di febbraio, ossia all’80% entro il 2017 e all’86% entro il 2018. “Man mano che cresce la copertura in fibra: 70% circa della popolazione attualmente destinata al 99% circa al 2019, è sensato che Tim cominci a preoccuparsi ai contenuti di Tim Vision o altre proposte. Poi andranno valutati costi e opportunità dei singoli contenuti”, hanno osservato gli analisti di Equita, citando anche le ipotesi della stampa su un possibile piano di separazione della rete di Tim.
“Ci pare un tema giornalistico del momento che troviamo estremamente improbabile. Semmai, nel lungo termine, non sarebbe da escludere il conferimento di Open Fiber in Tim, alla ricerca di una razionale distribuzione dei capex”, hanno spiegato alla sim. “Ma i tempi non paiono maturi nemmeno per questa soluzione”.
Nulla di nuovo invece a riguardo del disimpegno di Telecom Italia in Persidera, il network provider cogestito con L’Espresso e che dispone di 5 multiplex televisivi (3 portati in dote da TIM – che della società ha il 70% – e 2 da Rete A, originario operatore di rete de L’Espresso, che possiede il restante 30% delle quote).
“Si è parlato di Persidera ma non c’è stata alcuna decisione, è stata fatta un’informativa”, aveva riferito una fonte a riguardo della sessione del precedente cda della prima settimana di luglio, che aveva affrontato, come unico punto all’ordine del giorno, il trasferimento della quota del 70% dell’operatore di rete per ottemperare alle richieste della Commissione europea. Quest’ultima aveva dato il via libera condizionato all’acquisizione del controllo de facto dell’operatore telefonico italiano da parte dei francesi di Vivendi a patto che il colosso dismettesse l’impegno sul DTT.
Per la Commissione Ue la presenza del player d’Oltralpe in Telecom Italia e in Mediaset crea di fatto pericoli per la concorrenza, posto che il Biscione controlla altrettanti multiplexer sul DTT e quindi il peso “relativo” di Vivendi sulla piattaforma digitale terrestre in Italia sarebbe di addirittura 10 bouquet nazionali.
“Persidera ha una base di ricavi pari a 80 milioni di euro e un margine ebitda intorno al 50%. In teoria, il suo valore potrebbe arrivare fino a 500 milioni di euro, quindi la quota del 70% in mano a TI varrebbe 0,35 miliardi di euro”, calcolano gli analisti di Banca Akros.
“Nonostante la dimensione relativamente modesta, questo asset è strategico essendo un punto di intersezione tra media e telecomunicazioni, in quanto il multiplex potrebbe essere alla fine impiegato per la banda larga mobile”, continuano da Banca Akros, annotando però come occorra “comunque vedere come il governo potrebbe gestire questo passaggio. Le incertezze a questo riguardo potrebbero influenzare l’interesse effettivo di un potenziale acquirente“.
Nel merito della vicenda, su queste pagine abbiamo già evidenziato come il disimpegno di Telecom Italia dal DTT potrebbe risolvere esigenze contingenti dell’etere televisivo italiano, lato operatori di rete, in vista della migrazione al T2.
Infatti, Persidera, Rai e Mediaset detengono 5 mux a testa (Mediaset ne dedica a Premium tre e due per i canali in chiaro), H3G Italia, Cairo, Prima Tv di Tarak Ben Ammar (imprenditore in ottimi rapporti con Berlusconi), Europa 7 e il gruppo Retecapri di Costantino Federico, uno ciascuno. Totale 20, su un complesso di 30 che comprende 10 canali delle locali, che però salgono a 40 se si considerano le risorse subregionali (non impiegabili pienamente, perché non coordinate a livello internazionale).
Di questi 30+10 canali entro il 2020/2022 ne rimarranno 14 mentre al traguardo tecnologico del 2030 la tv potrebbe uscire dal DTT, il cui segmento spettrale sarà interamente dedicato alla banda larga (dove si domicilierà definitivamente la televisione). Ora, ben si comprende che dare un valore attuale ai 5 mux di Persidera è relativamente semplice utilizzando i normali criteri di calcolo della redditività (che portano ad una forbice tra 45 e 75 mln di euro a mux). Se tuttavia l’asset della j.v. Telecom Italia-L’Espresso ha un’aspettativa di vita di poco superiore a 10 anni nella sua interezza, con un target di revisione a meno di tre (2020), la cosa si fa più complicata ed è quindi improbabile che un singolo compratore nuovo entrante (perché il limite alla titolarità è di 5 bouquet DTT) si accolli l’onere di acquistare 5 mux da gestire con un piano industriale così a breve termine. Più probabile quindi che si persegua la strada dello spezzatino a favore di almeno due player minori che, in accordo con i superplayer (che ricordiamo non possono concorrere essendo già titolari di 5 mux cadauno), potrebbero integrare l’attività quali carrier in T2 per ospitare in simulcasting i canali T1 di Mediaset e RAI, che non hanno ulteriore capacità trasmissiva a disposizione, né potranno cambiare formato sino alla definizione di una data di switch-off, a parco ricevitori adeguatosi per permettere la ricezione in high dynamic range imaging. E l’Hdr quadruplica la capacità rispetto alla tecnologia Mpeg2 e la raddoppia rispetto al già evoluto Mpeg4; in pratica oggi su un multiplexer da quasi 24 MB ci stanno 6 canali Mpeg2 oppure 12 Mpeg4 (visibili da circa il 70-80% dei tv, cioè quelli HD), tanto che Premium trasmette la maggior parte dei suoi canali in Mpeg2. Tradotto: capacità trasmissiva sostanzialmente immutata e passaggio al T2 non traumatico, a condizione di destinare almeno due mux di Persidera al T2.
Intanto Telecom Italia potrebbe optare per un’Ipo di Persidera (per cui Vivendi ha creato un trust dove posteggiarla), mentre un nuovo cda di Telecom Italia è stato fissato per il prossimo 27 luglio per approvare i conti del primo semestre di quest’anno. (E.G. per NL)