Ci occupiamo questa volta di una nuova raccomandazione EBU sul tema del burn-in, l’impronta-fantasma lasciata sullo schermo da un’immagine statica. Infatti, dal primigenio tubo catodico all’attuale OLED sono trascorsi decenni di evoluzione tecnologica, ma ancor oggi, nonostante tutte le migliorie introdotte, alcuni “problemini” apparentemente secondari sono rimasti pressoché insoluti. E fra questi, uno dei più annosi (e temuti) fra gli utenti finali è proprio il famigerato burn-in, che è, come detto, l’impronta-fantasma lasciata sullo schermo da un’immagine statica (tipicamente di natura grafica, come ad esempio loghi di stazione o ticker) che letteralmente “stampa” il pannello in modo irreversibile, rovinando l’apparecchio.
Il fenomeno del burn-in non è assolutamente nuovo: già dalla metà degli anni ‘80, con l’implementazione del servizio teletext, chi aveva la pessima abitudine di lasciare la tv perennemente accesa sulle pagine di aggiornamento delle notizie (usanza molto in voga, ad esempio, fra le Radio locali dell’epoca per aggiornare gli ascoltatori con le ultime breaking news) si accorse ben presto di come quelle righe di caratteri bianchi su sfondo nero avessero impressionato indelebilmente i fosfori del cinescopio, al punto da essere visibili persino a televisore spento.
La progressiva sostituzione dei vecchi ricevitori a tubo catodico con i più moderni schermi al plasma e lcd non ha per nulla risolto il problema del burn-in, contribuendo, anzi, ad acuirlo maggiormente soprattutto a causa degli sfavillanti loghi bianchi (con picchi di luminanza altissimi) sparati in overlay dai generatori di tutte le reti. Anche i recentissimi schermi a led organici (i già citati OLED, per intenderci) purtroppo non sono esenti da tali pericolose “bruciature” e, nonostante le contromisure adottare da alcuni costruttori (come lo shiftaggio dei pixel, per spostare continuamente la riproduzione dell’immagine su elementi sempre diversi della griglia RGB/RGBW, o il “lavaggio” elettronico del pannello ad intervalli regolari), non mancano segnalazioni di acquirenti che lamentano lo “stampaggio” dei loro schermi.
Detto che il burn-in non deve essere confuso con la semplice ritenzione d’immagine (che produce lo stesso effetto ma che si risolve, spontaneamente, dopo poco tempo) e che il suo insorgere è imputabile esclusivamente ad un uso maldestro del televisore (lasciato acceso, ad esempio, per troppe ore su immagini statiche fortemente luminose come quelle generate dallo stand-by delle consolle di gioco), va specificato che il problema è stato recentemente e nuovamente affrontato, come accennavamo prima, in sede EBU (il consesso di broadcaster pubblici europei di cui fa parte la nostra RAI), mediante l’aggiornamento di una vecchia raccomandazione (la R129) emanata nel lontano febbraio 2010.
In sostanza, l’associazione suggerisce (ma non impone) agli enti televisivi iscritti di non eccedere in loghi o grafiche statiche, di posizionarli in punti sempre diversi dello schermo e, in ogni caso, di limitarne la messa in onda a brevi periodi di tempo. Lo stesso aggiornamento 2.0 della raccomandazione (pubblicato lo scorso 22 novembre) fornisce anche una precisa indicazione tecnica sulla natura di tali contributi: i livelli di luminanza di loghi e grafiche in onda non devono superare i livelli medi di luminanza dell’intera immagine in cui sono inseriti.
Sempre all’interno della stessa raccomandazione (di cui questo periodico si occupa in quanto attento anche ai temi più strettamente a carattere tecnico), si suggerisce di trasmettere tali grafiche in semi-trasparenza, mentre nel caso vengano generate scritte standard (quindi non attenuate in qualche modo) il consiglio è quello di non eccedere la soglia massima del 40% di picco del bianco, per emissioni SDR, e del 35%, per quelle HDR-HLG. (C.G. per NL)