Abbandonare da subito l’MPEG2 (SD) per il formato MPEG4 (HD) obbligatorio dal gennaio 2020 è un azzardo oppure una scelta opportuna?
Una premessa: trovare i numeri che seguono non è stato semplice. Abbiamo dovuto incrociare i dati Istat della popolazione per fasce di età, i singoli nuclei familiari (peraltro estremamente variegati), abbiamo poi posto in correlazione tali valori con quelli del Censis e confrontate le risultanze con i parametri di ricerca Auditel.
“Alla fine abbiamo scoperto che, con buona approssimazione, in Italia ci sono 44 milioni di televisori a fronte di una popolazione di poco più di 60 milioni (esattamente 60.483.973 abitanti al 31/12/2017)”, spiega l’ing. Massimo Rinaldi della task force Radio-Tv 4.0 di Consultmedia (struttura di competenze a più livelli collegata a questo periodico).
Ora, considerato che l’art. 5 c. 5 del DM 08/08/2018 del Ministero dello Sviluppo Economico, recante il Calendario di rilascio della banda 700 MHz, impone agli operatori di rete ed ai fornitori di servizi di media audiovisivi di dismettere dal 01/01/2020 sull’intero territorio nazionale la codifica MPEG2 in favore della codifica MPEG4 su standard DVB-T (peraltro ipotizzata da tempo da questo periodico), gli operatori si chiedono quanti siano ad oggi i tv in grado di ricevere tale codifica.
Ma gli stessi si interrogano anche se sia conveniente anticipare lo switch-off, considerato che a parità di banda in MPEG4 si ha una resa ben superiore e quindi, ragionando al contrario, serve meno banda per la stessa qualità (con conseguente risparmio per gli FSMA e maggiore potenzialità commerciale per i network provider).
D’altra parte, la ratio normativa dell’adozione del formato MPEG4 è quella di consentire nel periodo transitorio un uso più efficiente dello spettro, di garantire il trasporto del maggior numero di FSMA e di agevolare la migrazione tecnica di un’ampia parte della popolazione verso standard di trasmissione avanzati. E, in effetti, le sperimentazioni condotte negli ultimi due anni, di cui qui abbiamo dato ampiamente conto, hanno dimostrato la validità del formato in questione.
Tuttavia l’impiego del formato MPEG-4 AVC (Advanced Video Codec), noto anche come H264 (la sua designazione formale è ISO/IEC 14496-10 o ITU-T H.264), imporrà la totale rottamazione anzitempo di tutti i tv e decoder non in grado di ricevere tale codifica.
In sostanza, tutti i televisori non HD, posto che il formato MPEG4 (H264) può essere utilizzato dai televisori ad alta definizione HDTV e DVD o dai telefoni cellulari e smartphone (tra i dispositivi di maggiore diffusione che utilizzano questo formato ci sono l’iPod video, la console Sony PSP e i lettori di Blu-Ray Disc).
Lato operatori di rete ci sarà invece la necessità di aggiornare i multiplexer per consentire la veicolazione di contenuti esclusivamente in MPEG4, anche se a margine del processo di dismissione dell’attività per molti player locali.
Più in generale, ricordiamo che, conformemente a quanto previsto dalla Legge n. 205/2017 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29/12/2017, ed in particolare ai sensi dell’art. 1 comma 1032, il Ministero dello Sviluppo Economico, ha stabilito, previa consultazione pubblica, con proprio decreto, sottoscritto dal ministro in data 08/08/2018 ed attualmente in corso di registrazione presso gli Organi di controllo, il calendario nazionale che individua le scadenze della tabella di marcia ai fini dell’attuazione degli obiettivi della decisione (UE) 2017/899, del 17/05/2017, di cui al comma 1026 della citata legge.
Il DM 08/08/2018 tiene dichiaratamente conto della necessità di fissare un periodo transitorio, dal 01/01/2020 al 30/06/2022, per assicurare il rilascio delle frequenze da parte di tutti gli operatori di rete titolari di relativi diritti d’uso in ambito nazionale e locale e la ristrutturazione del multiplex contenente l’informazione regionale da parte del concessionario del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale RAI, attuando sei criteri (dalla lett. a) alla lett. f)), specificamente indicati nel citato comma 1032.
Il decreto ministeriale, nel rispetto dei suddetti criteri, considera ovviamente anche gli accordi internazionali firmati dall’Italia con i Paesi confinanti sia del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre denominato PNAF 2018, approvato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con delibera n. 290/18/CONS, pubblicata on line il 12/07/2018.
Tornando all’argomento di apertura, si è appurato in queste ultime settimane che i tv non HD sarebbero meno del previsto e, nel dettaglio, “circa il 25% del complesso: quindi circa 11 milioni di televisori su 44 complessivi”, continua l’ing. Rinaldi.
La domanda che gli FSMA dovrebbero porsi è pertanto se, mantenendo la stessa qualità trasmissiva, convenga da subito sacrificare il 25% dell’utenza potenziale (peraltro presumibilmente costituita da utenza piuttosto avanti con l’età, in quanto poco interessata agli avvicendamenti tecnologici) a fronte di un notevole risparmio di capacità trasmissiva (nell’ordine del 40%). “Una domanda niente affatto peregrina, considerato che anticipare lo switch-off di codifica potrebbe comportare anche vantaggi strategici, potendo gestirlo nel momento commercialmente più opportuno senza subirlo allo scadere della mezzanotte del 31/12/2019 o comunque in periodi particolarmente delicati sul piano editoriale e tecnico“, conclude Rinaldi. (M.L. per NL)