Una sentenza della Corte suprema elvetica impone il pagamento dell’IVA all’emittente e non più agli abbonati. Di tutta risposta, SSR attua tagli che andranno a toccare circa 250 dipendenti. Solo in RSI sono 50, tra licenziamenti ed esuberi.
L’IVA sulla tassa di ricezione dovrà essere pagata non più dagli abbonati, ma dall’emittente stessa. Questo il contenuto della sentenza della Corte suprema elvetica, grazie alla quale il canone televisivo pubblico si abbasserà. Tuttavia SSR, la Società Svizzera di Radiotelevisione, si trova ora costretta ad effettuare alcuni provvedimenti drastici in materia di assunzioni. Per rientrare nei costi, infatti, sarà necessario recuperare 36,2 milioni euro: intervento che andrà a pesare, complessivamente, su 250 dipendenti nei 4 canali gestiti da SSR (in lingua italiana, francese, svizzera e romancia). Ma il caso che suscita più scalpore è quello che riguarda il canale italiano, RSI, dove sindacati e dipendenti gridano allo scandalo. Una nota, rilasciata dai sindacati Ssm e Impressum, racconta che i lavoratori «seduta stante, hanno dovuto consegnare la tessera aziendale e l’account di posta elettronica è stato immediatamente bloccato». Si parla anche di un «intervento degli agenti di una società privata di sorveglianza» che avrebbero accompagnato alla porta alcuni dipendenti. Pronta la smentita del direttore Maurizio Canetta: «nessuno ha ricevuto telefonate trappola e non è vero che alcuni sono stati scortati fuori dall’azienda da agenti di sicurezza». Alla tv di Comano sono stati 18 i dipendenti licenziati, e più di 30 gli esuberi, tra prepensionamento o riduzioni di orario. I tagli, invece, riguardano complessivamente quasi mille lavoratori. Al via un piano quinquennale di accantonamenti, che porterà la tv svizzera in italiano a recuperare 20 milioni di euro entro il 2020. (G.C. per NL)