Utilizzare una trasmissione televisiva come ‘Quelli che il calcio…’ per mandare messaggi criptati ai boss mafiosi in carcere "puo’ essere un modo per cercare di aggirare le restrizioni del 41 bis, il cosiddetto carcere duro, ma è solo un’ipotesi".
Lo ha detto all’ADNKRONOS il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso commentando la denuncia, in un’audizione alla Commissione antimafia nei mesi scorsi, dell’ex Procuratore aggiunto della Dna Enzo Macri’, secondo cui i boss avrebbero fatto arrivare dei messaggi in codice ai capimafia in carcere, utilizzando i messaggini mandati durante tutta la trasmissione Rai, totalmente estranea alla vicenda. "In realtà – ha spiegato Grasso – abbiamo già fatto delle ricerche approfondite dopo l’allarme lanciato, ma fino ad oggi non sono stati individuati messaggi che possano fare pensare a indicazioni ai boss".Intanto l’avvocato Luigi Li Gotti, legale di tanti pentiti di mafia tra i quali Tommaso Buscetta, conversando con l’ADNKRONOS ritiene che impedire ai detenuti pericolosi la possibilita’ di sintonizzarsi con le trasmissioni televisive che danno la possibilita’ di inviare al pubblico degli sms poi trasmessi sullo schermo non sia la "limitazione di un diritto" ma un modo per scoraggiare le comunicazioni tra boss. Il legale dei pentiti spiega: "In effetti il carcere duro modula le ristrettezze cui sono sottoposti i detenuti una volta che sono finite le esigenze istruttorie. E le strisciate in video possono sicuramente essere un modo per fare arrivare messaggi dall’esterno ai detenuti". (Adnkronos)