Tv, Sky Italia: governo intervenga su frequenze, serve riequilibrio

Al mondo dei media servono regole di principio “semplici, proporzionate e ragionevoli, per tutti senza discriminazioni e distorsioni” e soprattutto un intervento per la disciplina delle frequenze televisive.

La richiesta al governo arriva da Eric Gerritsen, executive vice president communication & public affairs di Sky Italia, che è stato ascoltato in commissione Trasporti della Camera nell’ambito dell’indagine sul sistema dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. In particolare, sul fronte delle frequenze tv bisogna “fornire un riequilibrio pro-competitivo, essendo questo il tema centrale nella regolamentazione del sistema radiotelevisivo”. A parere del dirigente di Sky Italia “questo approccio sarebbe in coerenza con gli indirizzi manifestati dalla Commissione Europea e con i programmi dell’Agenda Digitale, nonché con quanto sta accadendo in giurisdizioni comparabili come quella spagnola (pur caratterizzata da un numero di mux e di canali molto inferiori a quello italiano) dove si è preso atto dei rischi di distorsione del mercato che derivano dall’assegnazione gratuita di risorse trasmissive”. Gerritsen ha evidenziato come l’avvento del digitale terrestre sia stato un “fattore di forte discontinuità” e l’offerta su DTT rappresenti “un effettivo concorrente per il bouquet” del colosso di Rupert Murdoch ma proprio “sotto il profilo dell’iniezione di concorrenza effettiva nel mercato, lo sviluppo del digitale terrestre in Italia rappresenta fino ad oggi un’occasione non sfruttata e rappresenta un unicum in Europa”. “All’origine di questo – ha proseguito il dirigente di Sky Italia – vi è la forte anomalia italiana nella gestione delle radiofrequenze. All’inizio dello switch-off, contrariamente agli altri Paesi, le frequenze sono state assegnate ai broadcaster non solo nella misura sufficiente per ospitare i canali terrestri esistenti, ma addirittura secondo un rapporto di 1 a 1 fra il canale e i mux. Senza ragioni oggettive, e senza corrispettivi, per ciascun canale analogico detenuto è stato attribuito un mux digitali ovvero una serie di frequenze tale da trasmettere, secondo la qualità prescelta, fra i 6 e i 10 canali DTT”. In questo quadro, “un serio tentativo di riforma non potrebbe che partire dalla disciplina delle radio-frequenze: non solo, come è ovvio, recuperando il terreno perduto sulla strada del coordinamento internazionale delle frequenze, ma anche guardando al sistema delle comunicazioni nel suo complesso e quindi agli orientamenti comunitari e all’Agenda Digitale”. A parere di Gerritsen “è tempo che anche il legislatore e il regolatore, come le stesse aziende, inizino a vedere le diverse tecnologie trasmissive come veicoli alternativi per la trasmissione dei contenuti audiovisivi e inizino a concepire la regolamentazione, quando possibile, secondo criteri di neutralità tecnologica”. Sempre in materia di leggi, rispondendo alle domande dei deputati, il dirigente ha definito “auspicabile” una “rivisitazione della legge Gentiloni-Melandri sui diritti tv” e non ha risparmiato una frecciata polemica al gruppo di Cologno Monzese: “La Champions League è stata affidata per un triennio a Mediaset in esclusiva e noi non abbiamo fiatato, quando la stessa cosa è successa a noi Mediaset ha gridato allo scandalo”. Per quanto riguarda l’industria della tv, quello dell’intrattenimento è uno dei settori cresciuti di più negli ultimi 10 anni in termini di ricavi (+2,3 miliardi di euro) e di occupazione ma il livello di redditività del comparto intero è “molto basso”. Tanto per fare qualche numero “i quattro operatori principali nel 2012 (ultimi dati ufficiali disponibili per tutti) hanno generato un EBIT complessivo di 31 milioni di euro con un margine di appena lo 0,4 per cento”. Si tratta di un indicatore che “segnala una forte criticità per tutto il sistema e, vista la velocità con cui questo mercato sta evolvendo, rende ancora più necessari interventi tempestivi e coraggiosi che possano restituirgli prospettive di crescita e di ritorno alla redditività”. Nello specifico, Sky tiene a ribadire che è “un operatore multipiattaforma e non può essere considerato un semplice operatore della tv via satellite. Confinare Sky in questo recinto – ha sottolineato Gerritsen -, come spesso è accaduto in termini di percezione ma anche di regolamentazione – significa non definire correttamente la natura della presenza di Sky nel sistema televisivo italiano”. (Il Velino)
 

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