Media 2.0 il blog di Marco Mele (Il Sole 24 Ore)
Quando e come saranno assegnate le due frequenze (per altrettante reti, ciascuna delle quali può “portare” cinque-sei canali tv a definizione standard) che lo switch off digitale consegna al Ministero per lo sviluppo economico? Si è già in netto ritardo: si può entrare in un mercato quando l’audience si sarà già assestata sulla nuova offerta? Oltretutto in un mercato caratterizzato dalla concentrazione di risorse, diritti e frequenze, con un’elevata soglia d’ingresso?
Sarebbe ancor più grave se lo Stato chiedesse ai nuovi entranti un onere non richiesto agli operatori esistenti. Sotto qualsiasi forma, gara compresa.
Una procedura competitiva o si fa per tutti o per nessuno. E per tutti non si è fatta.
Nè si discute su cosa succede in Sardegna: vi è un report quotidiano destinato solo ai giornali e ai media dell’isola. A oggi sono 367 i comuni sardi passati alla tv tutta digitale, per un milione e 630mila abitanti. Non si discute soprattutto, a livello nazionale, del dividendo digitale. In Francia, dallo scorso dicembre, è stata costituita una commissione di quattro senatori e quattro deputati che ha pubblicato a luglio il suo rapporto finale. Entro questo mese, il governo Sarkoszy deciderà come utilizzare le frequenze che non saranno più utilizzate dalla televisione, al momento del passaggio dall’analogico al digitale.
La commissione francese ha chiesto di riservare la maggioranza del dividendo digitale per lo sviluppo di servizi audiovisivi, in particolare l’Alta Definizione (HD) e la tv in mobilità. La Banda III-VHF (quella dove, in Italia, si vuole ricavare un canale per Europa 7) dovrebbe essere quasi tutta riservata alla radio digitale mentre la banda 790-862 MHz dovrebbe essere attribuita all’Internet mobile, insieme allo spettro utilizzato dall’esercito francese. In Svezia, dove il passaggio al digitale è avvenuto nel dicembre 2007, la banda 790-862 MHz sarà riservata a servizi di comunicazione elettronica diversi dall’audiovisivo. In Gran Bretagna, a metà 2009, è prevista una gara per le porzioni di frequenze liberate.
In Italia non si è fatto nulla di tutto questo, eppure il passaggio al digitale è due volte importante. A livello economico e industriale (tv color, radio digitali, Alta Definizione, servizi a bassa interattività). E a livello (sperato) di aumento del pluralismo. Il modello Sardegna, con l’assegnazione a tavolino, concordato tra gli operatori, rispetta i criteri di trasparenza e non discriminazione imposti dalla Direttive europee? Sembra proprio di no.
Aumenta il pluralismo o, piuttosto, non lo si riduce per aver scelto un modello di continuità e non di rottura con l’assetto analogico, anche a livello normativo con la legge Gasparri, peraltro tuttora sotto procedura d’infrazione da parte della Ue (nulla si sa dell’eventuale deferimento alla Corte di giustizia)?