Scaglioni (Università Cattolica): oggi sappiamo che in quella parte della popolazione che ha una Smart TV, il consumo di TV tradizionale e di TV in streaming (soprattutto on-demand, ma non solo) si avvicina sempre di più a un 50-50. È questo lo scenario prossimo su cui l’industria deve ragionare.
La ricerca
È stata presentata il 13 dicembre 2021 la prima edizione dell’Annuario della TV Italiana, ricerca che attraverso dati quantitativi e qualitativi ricostruisce l’evoluzione dell’offerta e del consumo di TV lineare e in streaming nel periodo 2020-2021.
Ce.R.T.A
Promossa da Ce.R.T.A (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), la pubblicazione è stata diretta dal Prof. Massimo Scaglioni.
NL ha avuto l’opportunità d’incontrare il Prof. Scaglioni per un confronto/intervista che – visto perimetro e spessore delle risposte – viene pubblicata in due articoli consecutivi.
Massimo Scaglioni
Dopo una laurea in Filosofia, Scaglioni ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia e forme della rappresentazione e del consumo mediali (2004, tutor prof. Aldo Grasso) ed è stato ricercatore fra il 2007 e il 2014 e professore associato fra il 2014 e il 2019. Oggi è direttore del Ce.R.T.A e membro del suo Comitato Direttivo.
Il Ce.R.T.A
Il Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi è stato fondato in seno all’Università Cattolica nel 2008 dal Prof. Aldo Grasso, Ordinario di Storia e Linguaggi della Televisione, sul terreno di una tradizione di ricerca sui media sviluppata in Cattolica fino dagli anni Sessanta e Settanta.
Costruire ponti
(Newslinet) – Quale ruolo svolge oggi il Ce.R.T.A. nel mondo dei media?
(Massimo Scaglioni) – Una delle mission principali è costruire ponti fra accademia e industria, in questo caso l’industria dei media. Contestualmente al Ce.R.T.A. promuoviamo un Master (“Fare TV”) che, da un lato, ha formato per un decennio una generazione di giovani professionisti e manager dell’industria del broadcasting e dall’altro lato ha incluso nel proprio corpo docente proprio quei professionisti con cui si sono progettate attività di ricerca.
Convergenza
Il Ce.R.T.A è nato nel 2008 e ricordo che allora si iniziava a ragionare sul tema della “convergenza mediale” che si veniva a creare attorno al mezzo televisivo. I social media erano appena nati, o stavano per nascere, la televisione stava affrontando il processo di digitalizzazione, le piattaforme di streaming erano ancora di là a venire. In quel contesto, in collaborazione con Mediaset (che ha spesso incarnato la volontà di comprendere gli scenari della trasformazione del contesto mediale), abbiamo realizzato “Televisione Convergente” (che è poi diventato un volume pubblicato da “Link. Idee per TV“). Direi la prima grande ricerca sistematica che importava alcune suggestioni dallo scenario della letteratura internazionale (penso all’uscita del libro di Henry Jenkins, “Convergence Culture“) per applicarle, in chiave di ricerca, allo specifico contesto nazionale italiano.
Transmedialità
Da allora in poi questi aspetti di “convergenza” (si pensi tanto allo sviluppo di forme di narrazione “transmediale”, ma anche, più concretamente, all’evoluzione tecnologica del mezzo e alla sua sempre più stretta relazione con la Rete) sono diventati all’ordine del giorno del dibattito per oltre un decennio, fino a oggi.
Strumenti di ricerca
Gli strumenti di ricerca che utilizziamo sono i più diversi: partiamo da un expertise forte sia sull’analisi delle testualità (e dalla formazione di semiotica degli audiovisivi) sia sulla ricerca qualitativa sui consumi.
Il contributo di Grasso
Grazie alla direzione del prof. Grasso, abbiamo via via acquisito o formato competenze che si sono sviluppate in diverse direzioni: quella della cosiddetta “virtual ethnography” è stata molto utile nelle ricerche di taglio più qualitativo su quella che si iniziava a chiamare “Social TV”.
Università e “mondo reale”
(NL) – Università e industria, un rapporto complicato.
(M.S.) – Personalmente punto molto sulla “circolarità del sapere”, a questa reciproca relazione fra industria e università, che purtroppo è ancora cosa troppo rara in Italia, sia per la diffidenza di una parte del mondo professionale (che talvolta vede l’Università come mondo separato) sia per l’altrettanto ampia difficoltà della nostra Università a entrare in connessione, potremmo dire, col “mondo reale”.
Data Science
(NL) – I dati e la capacità d’interpretarli giocano oggi un ruolo essenziale.
(M.S.) – Assolutamente: personalmente, anche grazie a numerose partnership (quelle più importanti, oggi, sono quelle che abbiamo sviluppato con Auditel, con Sensemakers e con Talkwalker), mi sono sempre più orientato a una ricerca che potrei definire “sistemica” sui consumi di TV: una ricerca che ricorre agli straordinari strumenti di misurazione che oggi abbiamo a disposizione ma che richiede sempre più capacità di “triangolazione”, d’interpretazione dei dati. In sintesi: non ci mancano oggi i dati, anzi, e gli strumenti per analizzarli.
Saper porre le domande
La vera questione è: porre le domande giuste. Come accademici abituati alla ricerca è questo, credo, il plus che possiamo offrire, anche rispetto a una industria che, per necessità, è spesso schiacciata sul qui e ora, sulle domande urgenti del presente.
Lineare vs SVOD
(NL) – Parliamo dell’Annuario. Nel documento di sintesi, relativamente al primo lockdown, parlate di “una crescita dei minuti visti per individuo che salgono oltre alle 6 ore“, corrispondenti a +50% rispetto all’anno precedente. Di questo 50%, quanto è andato alla TV lineare e quanto agli SVOD ?
(M.S.) – Quel dato si riferisce quasi completamente alla TV lineare. Nella prima fase della pandemia, a partire da marzo/aprile 2020, abbiamo assistito, anche a causa dei lockdown, a una crescita impressionante del consumo di TV tradizionale, molto condizionata dalle esigenze in primis d’informazione, ma anche d’intrattenimento in quei mesi difficili.
La complessità della misurazione degli SVOD
Più complesso è misurare con precisione la crescita del consumo SVOD, perché questo è, in parte, ancora aggregato ad altre forme di consumo (per esempio il gaming), e in parte sfugge ancora a un tracciamento definito quando passa da device diversi dalla Smart TV.
Streaming in progressiva crescita
Sappiamo però che durante la pandemia quella parte di consumo in streaming che è tracciata in modo chiaro e trasparente (per esempio da Auditel, nel cosiddetto paniere dalla “Total Audience“) è progressivamente cresciuto.
Una crescita duratura
Si tratta di una crescita meno “spettacolare” di quella che, nei mesi della pandemia, ha vissuto la TV tradizionale, ma più progressiva e duratura. In particolare, l’ingresso massiccio di Smart Tv nelle case degli italiani ha portato questi ultimi a utilizzare progressivamente di più la tv connessa.
Lineare e SVOD: siamo già all’equilibrio
Oggi sappiamo che in quella parte della popolazione che ha una Smart TV, il consumo di TV tradizionale e di TV in streaming (soprattutto on-demand, ma non solo) si avvicina sempre di più, a un 50-50. È questo lo scenario prossimo su cui l’industria deve ragionare. (… segue… – M.H.B. per NL)