da Media 2.0, il blog di Marco Mele (Il Sole 24 Ore)
Il passaggio della tv analogica a quella digitale in Sardegna è, allo stesso tempo, molto importante e molto preoccupante.
È importante perché:
1 – Per la prima volta in Italia, al contrario di quanto accade in Europa e nel mondo, le frequenze non saranno “occupate” dai soggetti televisivi senza alcuna pianificazione. Ciascuno trasmetterà in digitale su frequenze assegnate dal Ministero delle Comunicazioni.
2 – La Sardegna sarà, dal primo novembre, la maggiore regione digitale d’Europa.
3 – Il passaggio al digitale avviene con quella che si chiama isofrequenza. Ovvero, oggi nel canale 22 trasmettono 3,4,5 emittenti in una regione. Dallo switch off in poi, una sola emittente trasmetterà su quel canale e sarà così in tutta Italia.
4 – Questo significa anche liberare due frequenze per i nuovi entranti.
5 – Con il passaggio digitale si attua, con un lieve ritardo, quanto richiesto dalla Corte Costituzionale nel 1994, ovvero la parità di copertura tra le emittenti nazionali. È uno svantaggio competitivo in meno per le emittenti nazionali “minori”, che persiste tuttora nella trasmissione analogica.
Il passaggio al digitale in Sardegna è preoccupante perché:
1 – Riproduce i livelli di concentrazione e i rapporti di forza esistenti nella tv analogica. Il metodo negoziale scelto dal Ministero delle Comunicazioni (nell’era Prodi) e dall’Agcom, ha determinato un’evidente disparità nel numero di reti digitali (multiplex) assegnati a due maggiori soggetti del sistema.
2 – Rai e Mediaset avranno sei reti a testa. Delle sei di Mediaset cinque sono quelle con la migliore performance di copertura e capacità trasmissiva. Telecom Italia Media ha quattro reti, ma solo due delle quali hanno performance pari a quelle di Mediaset. Non c’è partita.
3 – Vista la concentrazione delle risorse economiche, in aggiunta a quella dei diritti e quella della frequenze, è difficile pensare ad un aumento del pluralismo dopo lo switch off in Sardegna e nelle altre regioni (dove, in alcuni casi, non ci sarà una rete per ciascuna tv locale, come in Sardegna). Al massimo ci sarà un modesto riposizionamento dell’audience tra Rai e Mediaset: quest’ultima potrebbe essere penalizzata dalla sua offerta pay. O, almeno, così spera la Rai.
4 – Il modello Sardegna non prevede la separazione della gestione della rete di impianti dall’attività editoriale di fornitore di contenuti. Al contrario di quanto accaduto in gran parte dei paesi europei, Francia, Gran Bretagna e Spagna in testa. Questo significa un oggettivo svantaggio competitivo per i nuovi entranti.
5 – Il metodo negoziale ha escluso qualsiasi tipo di procedura competitiva nell’assegnazione delle frequenze. Con quale metodo il Ministero ha assegnato il canale 27 a Rete A piuttosto che a Canale 5?